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Viaggio alle Forna (1)

di Pasquale Scarpati

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 Per altri ricordi di Pasquale Scarpati sul tema, leggi qui [1]

 

Il bolide è arrivato: Sigarett’ si è messo ’i chiatt’ al molo  Musco e, con i parancoli, l’ha sollevato in aria, sospinto anche dall’apprensione dei nostri occhi, poi, dolcemente, lo ha poggiato per terra e lui, quasi per ringraziare di così grande accortezza, molleggia dolcemente sulle tre ruote: è un moto Guzzi dal cassone cabinato!

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Anche lui va ad impinguare il parco macchine dell’Isola, composto da qualche camion – quelli di Francisc’ ‘u lup’ e di Nicola ’a checca – da qualche altro triciclo dal cassone aperto, dall’autobus di  Benedetto, da qualche bicicletta e da qualche automobile. Per il trasporto via terra non c’è di meglio che gli asini e i muli che si possono inerpicare su per i Conti e meglio ancora su su per gli Scotti fino ad arrivare al Semaforo, dove alloggiano … i Semaforisti. 
Per mare si adoperano le barche: quelle che fanno la spola tra le Forna e il Porto e qualcuna (Gigino) che porta le vettovaglie al fanalista di Zannone. Le automobili circolanti sono molto piccole, le ruote sono piuttosto alte e sottili, il muso lungo, le porte sono due e si aprono a vento, le frecce non sono altro che due bastoncini colorati, uno a destra ed uno a sinistra che segnalano, alzandosi, la direzione di marcia.

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All’interno del veicolo, poche levette, tra cui spicca il pomello per la messa in moto: si gira la chiave e poi si tira il pomello, il motore prima gracchia, poi sobbalza come una persona svegliata di soprassalto e finalmente si avvia. Ma, dopo una pioggia abbondante, non è raro vedere cofani alzati e persone che interrogano con lo sguardo il monoblocco di ghisa e le sue propaggini con la speranza di ricevere una qualche risposta; allungano la mano ora qua ora là, scuotono qualche filo con la speranza che vi sia qualche falso contatto… se il testardo tace, sono costrette, sconsolate, a rimuovere, spingendo, facendosi anche aiutare da qualche passante; il fiammante bolide è improvvisamente divenuto fardello e va posizionato sul ciglio della strada.

Ma lo stesso motore, nel pieno della calura estiva, può divenire anche dispettoso perché, al pari degli esseri viventi, vuole anche lui rinfrescarsi e dissetarsi; non è raro, infatti, vedere persone che con recipienti colmi d’acqua cercano di calmare la sua sete. Lui, intanto, stando beatamente in attesa, fuma dalla bocca del radiatore. Ma se la causa della pigrizia è dovuta alla batteria scarica, allora, poverino lui!,  sarà costretto ad avviarsi di nuovo, sollecitato da modi un po’ violenti e bruschi; il guidatore, infatti, o chiama a raccolta i passanti i quali danno una vigorosa spinta, oppure esce inviperito dall’abitacolo, impugnando una manovella a mo’ di clava, la innesta in tutta fretta in un foro situato nella calandra e furiosamente assesta uno, due, tre colpi fino a che non ode il suono del pigro nullafacente.
Il nostro  triciclo Guzzi non ha queste comodità, la cabina è piuttosto piccola, per guidare ci si mette a cavalcioni. Sul lato destro del guidatore è situato il serbatoio della benzina, sul lato sinistro uno strapuntino per trasportare un altro passeggero. In dotazione possiede: un piccolo pulsante nero per il clacson, una levetta per accendere i fari ed un’altra per le frecce direzionali, lampeggianti; le marce si innestano con un pomello.

Zio Peppe e mio fratello si cimenteranno nella guida, mio padre e zio Pasquale si sono astenuti perché non hanno voluto affrontare l’insidia degli esami per il conseguimento della patente di guida e, soprattutto, perché si sono adagiati su quelli più giovani di loro; molti loro coetanei, invece, hanno osato affrontare  l’ostacolo e per lo più lo hanno superato. Per me è ancora troppo lontana: devo aspettare fino al compimento del ventunesimo anno d’età! Ma, pur non potendo assaporare ancora l’ebbrezza della  guida, cerco di assaporare quella della velocità. Insisto, infatti, affinché qualche volta mi portino con loro, quando vanno a consegnare la merce alle Forna; tante volte me lo promettono, ma altrettante volte mi  lasciano a piedi con mio grande disappunto, e a nulla valgono le proteste. A dire il vero, conoscendo le loro tappe, correndo, potrei anche raggiungerli, ma le distanze mi sembrano incolmabili per cui mi rassegno, sia pur protestando. Non per questo mi esimo dal fantasticare ed immagino di poter velocemente percorrere quella che per me è la strada più ampia del mondo, di scoprire nuovi orizzonti al di là del bivio dei Conti; immagino di vedere l’asfalto scivolare sotto le ruote ed essere inghiottito dal mezzo a motore, di imboccare le curve  a velocità talmente folle da piegarmi, come un motociclista, ora a destra ora a sinistra.

 

[Viaggio alle Forna (1) – Continua]