Ambiente e Natura

All’Assessore ai Lavori Pubblici. Far coincidere il ‘come’, il ‘quando’ e il ‘perché’ di un’opera pubblica

di Vincenzo Ambrosino

 

Caro Silverio Coppa,

I lavori pubblici entrano nella definizione di problemi strutturali, che indicano quindi costruzione di materia, struttura fisica che una volta impiantata sul territorio, impone di fatto un cambiamento nella  vita delle persone e dell’habitat naturale. A più riprese voglio, se me lo permetti, instaurare con te un “discorso  aperto” che riguarda appunto i lavori pubblici e che sicuramente interesserà alcuni nostri concittadini.

Cominciamo dalla zona PORTO – S. ANTONIO

Tu sei mio coetaneo, quindi sei sicuramente a conoscenza che la rete  fognaria è stata progettata almeno dal 1982 e che via via cerca di trovare soluzioni: a Ponza-Centro sembra  “a regime”, con l’entrata in funzione del depuratore di Giancos, dico ‘sembra’ perché quest’estate nel tratto che va dal “bar Onda Marina a Gennarino a Mare” c’è stata una grave ostruzione con conseguente fuoriuscita  di liquido maleodorante che ha interessato per giorni la Spiaggia di S. Antonio. A seguito di ciò, sono stati eseguiti, da una ditta locale, dei lavori notturni, per sistemare il tubo rotto, ma successivamente sono dovuti intervenire gli operai idrici del Comune con la collaborazione di quelli del depuratore per far defluire i liquami. Questi interventi non sono bastati ed infatti in diversi momenti è stata richiesta l’azione del camion per lo spurgo dei liquami. Purtroppo non è solo un fatto di odori (che è già molto grave in piena estate); c’è anche un conseguente problema igienico sanitario che interessa il quartiere, la spiaggia e le acque marine, per fortuna interdette alla balneazione. Ma anche nel porto rifugio in zona Banchina Di Fazio si sono verificate, questa estate, fuoriuscite di liquido fognario. Evidentemente la rete tende a ostruirsi in vari punti e quindi bisogna trovare soluzioni preventive e definitive.

Ma un altro problema che riguarda sempre la spiaggia di S. Antonio è l’incredibile dissesto che si verifica ogni volta che piove copiosamente. L’acqua piovana scende violenta dalla strada panoramica e si rovescia nella spiaggia. Questo dell’incanalamento delle acque piovane è un problema serio ma anche estetico, vista l’importanza ‘strategica’ e turistica della spiaggia di S. Antonio.

Quindi: fogne non funzionanti e mancata canalizzazione  dell’acqua piovana creano una ambiente sociale ed economico imbarazzante.

Tu perfettamente come me sai quali sono i tempi per mandare avanti un progetto: dalla ideazione, alla progettazione, al finanziamento, all’assunzione di pareri (visto l’enorme numero di enti pubblici che governano l’ecosistema isola) e quindi alla realizzazione dell’intera opera, possono passare decine di anni e questo comporta disagi enormi: “tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare!”- diceva il dott. Sandolo – questo è proprio il caso della rete fognaria che dopo tanti anni non funziona bene.

Ma che dire della qualità degli interventi pubblici?

Siccome stiamo parlando di Centro Storico prendiamo in considerazione la pavimentazione stradale che va dal “Bellavista” in proseguimento per via Sindaco  De Luca e poi scendendo per via Roma. Io ho assistito alla presentazione di quel progetto, ho ascoltato dei tuoi colleghi architetti, elegantemente vestiti, che ci parlavano del recupero delle vecchie “conditoie” (scoli d’acqua) in pietra, e della loro “meritoria funzione estetica e di deflusso dell’acqua”, di recupero della vecchia pietra a ciottoli marini, che bisognava prima lavare in acqua dolce e poi riposizionarla; bene, non te la faccio lunga: per trovare realizzazione di pavimentazione così incurante del decoro urbano, con apposizione di pietre di varia pezzatura e colore, bisogna riandare alla copertura dei “vasoli” in pietra eseguita con asfalto, nel tratto di strada che va dal tunnel di S. Antonio alla “Punta Bianca”.

Questo è Centro Storico figuriamoci la periferia! Ovviamente, non hai responsabilità per queste opere, ma certamente l’aspetto temporale tra  idea e azione e il mancato controllo sul reale impatto ambientale – per cui sociale – dell’opera pubblica, ti deve far riflettere.

Stiamo realizzando per esempio la tinteggiatura del Centro Storico e già nel primo tratto, a lavori finiti, si vedono fili penzolare.

Ma ovviamente il mio ragionare non  vuole commemorare il passato che ha visto opere pubbliche che hanno danneggiato il paesaggio dal punto di vista dell’impatto architettonico e hanno altresì creato ambienti  inurbani, contribuendo a rendere la nostra isola un posto di mare ‘disarmonico’: basta pensare alla orrenda piazza di Giancos: il mio ragionamento parla alla sensibilità che si richiede all’architetto che non deve più sbagliare!

Se noi osserviamo le nostre strade sono piene di tombini e questo è il risultato di opere pubbliche senza programmazione e coordinazione (una ditta termina i suoi lavori, arriva l’altra ditta che rompe tutto e copre in modo precario); questo modo di governare  ha completamente sfigurato il nostro Centro Storico:  pensate ancora alla pavimentazione della banchina Molo Musco – zona Caletta: un mosaico di pietre.

Infatti, ritornando all’attualità che ti riguarda, noi non conosciamo la qualità di un eventuale impatto ambientale e quindi sociale della pubblicizzata piazza S. Antonio. Non conosciamo niente di tale opera pubblica, non conosciamo l’arredo, non conosciamo la tipologia della pavimentazione e  non conosciamo neanche il destino dei bidoni dell’immondizia in bella mostra in zona Tunnel  S. Antonio, né quelli al bivio con la Panoramica,  né tantomeno conosciamo se è stata prevista una nuova destinazione per gli autobus. Sono i particolari che creano la scenografia, è la scelta degli arredi che crea vera valorizzazione o al contrario ulteriore degrado urbano.

Vedi, io sospetto che si annunciano opere pubbliche, come è sempre stato fatto, senza valutarne il vero impatto strutturale sull’ambiente, sulla vita sociale ed economica delle persone e delle attività commerciali: l’importante e che si spendono i soldi pubblici!

Non parlo in questa sede del PUA da voi redatto nel quale si prospettano per esempio nuove scogliere, ma anche qui, come del resto per tutte le opere pubbliche, bisogna porsi a mio avviso tre domande: Come? Quando? Perché?

Come realizzo l’opera: in termini di finanziamenti pubblici, di acquisizioni di pareri di impatto ambientale e  socio-economico dell’opera;

Quando posso realizzare questa opera: i tempi sono un aspetto fondamentale nell’efficacia dell’opera.

Perché realizzo questa opera? I perché devono soddisfare le cosiddette esigenze pubbliche e private protratte nel tempo quindi anche per le nuove generazioni.

I Borboni hanno realizzato opere pubbliche tuttora strategiche da tutti i punti di vista per la nostra isola.

Ma cosa succede se:

– soldi scarseggiano, quindi c’è probabilità che i finanziamenti si perdano per strada (Come);

– i tempi si allungano ed io mi trovo a mettere in azione una programmazione  strutturale  che non arriva a compimento (Quando) ;

io non ho fatto un interesse pubblico; ho creato solo un ulteriore mostro,  distruggendo risorse  ambientali con il rischio di produrre  discriminazione economica e sociale (Perché).

 

Conclusione: Opere pubbliche = tempi lunghi = mancanza di controllo sull’impatto ambientale e sociale = peggioramento dell’organizzazione economico-commerciale = peggioramento della qualità della vita degli isolani = peggioramento dell’immagine dell’isola.

In un’isola fragile da tutti i punti di vista, come è diventata Ponza, si deve operare in sede pubblica con il bisturi e non come si è sempre fatto con il martello pneumatico o peggio con la ruspa.

 

Nota

La proposizione di vecchie foto di Ponza è una scelta redazionale, non in diretta relazione con l’articolo di Vincenzo

1 Comment

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  1. Silverio Cortese

    9 Gennaio 2013 at 06:07

    Sono di Ponza, Giancos. Sono emigrato negli Usa, nel 1965. Mi fa molto piacere vedere delle vecchie foto di Ponza. Grazie

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