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Il pescatore solitario

[1]

di Lino Catello Pagano

.

Lento è il tragitto, nel tratto di mare verso Palmarola,

il Faro della Guardia alle spalle.

Il pescatore solitario canta al vento la sua canzone,

allunga i remi che affonda nell’acqua blu cobalto

e con uno sforzo di spalle

si sposta nel mare calmo e silente.

.

Il suono della sua voce intonata

canta la canzone dell’amor perduto,

mentre dall’alto, inaspettato,

gli fa eco un coro di gabbiani.

Allunga e affonda i remi e tira, affonda e tira.

La costa di Palmarola ora si tocca con un dito

Passa tra i faraglioni e si dirige alla spiaggia.

Appare da lontano come un fanale,

lo scoglio del nostro santo protettore.

.

Lui continua la voga e intona un canto al santo.

Solo com’è la sua voce rimbalza,

sulle pareti di roccia e fa eco a se stesso;

con la sua postura aumenta l’andatura.

I remi che con foga affondano in mare

lasciano una scia, che piano piano scompare .

.

La spiaggia l’abbraccia con quei sassi

portati dal mare quando è arrabbiato,

l’acqua immobile e  trasparente riflette

immagini di cieli tersi

e delinea l’ombra della barca sul fondale.

.

Respira quell’immenso silenzio

e profumi di ginestre

Ritrova se stesso al cospetto del Santo

che dall’alto lo guarda,

pescatore solitario