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Una dualità che logora

di  Stefano Lubrano

Vorrei portare all’attenzione il divario profondo che vive il ponzese nell’arco dell’anno. Parlo dell’ anno sociale non di quello solare. In quest’ultimo le stagioni sono quattro, nel primo sono due: l’estate e l’inverno.

    L’estate: periodo economicamente produttivo; con relazioni sociali varie e intense; dura scarsi tre mesi; in esso le generazioni umane si affiancano in una unica attività: quella a sostegno dell’industria turistica; questa impegna la quasi totale comunità; in tale periodo le attività non turistiche ristagnano in attesa che l’estate passi; così è per la muratura, per l’agricoltura.

In estate ci si sente tutti Ponzesi.

L’inverno: periodo improduttivo per una grande fetta di attività economiche; permane la pesca che interessa un esiguo gruppo sociale; riprende quota l’edilizia ma, con le limitazioni legali esistenti, non appare un motore economico bensì un che di ausiliario; in esso le generazioni si diversificano: i giovani che sono stati occupati in estate oziano, semplicemente oziano, le attività turistiche sono pressoché chiuse; le relazioni interpersonali sono ristrette a quelle parentali, a quelle generazionali, a quelle professionali; in un modo per cui nessuna categoria incrocia le altre; tutte chiuse in sé.

In inverno i ponzesi stagionali si distinguono dai residenti, a loro volta divisi in quelli che permangono sull’isola dagli altri che vanno in continente.

Come appare evidente dalla descrizione dettagliata l’estate è monopolizzata dal turismo, che vede quasi tutta la popolazione impegnata nelle attività di ricezione, di ristorazione, di commercio, di noleggio, di divertimento.

Insomma, per essere chiari, le due stagioni sono antitetiche, non si confrontano e non si scontrano. Sono essenzialmente e diametralmente opposte.

Il che genera, a mio vedere, uno squilibrio psicologico.

E’ questo il nocciolo della questione che vorrei portare all’attenzione.

Il ponzese che vive stabilmente sull’isola si trova immerso in un universo relazionale esaltante, sgargiante, ricco. In estate.

Gli incontri sono significativi  ( si ospita l’Onorevole, il primario del Gemelli ecc. ); la sua vita (che lui giudica misera) gli viene lodata, resa oggetto di ammirazione. I riti culturali (a cui lui dedica un’attenzione epidermica) gli vengono lodati come ricchi di significati storici e antropologici; la stessa piazzetta (Corso Pisacane) appare un terrazzo dove sfilano celebrità; quella stessa piazzetta è il rifugio della desolazione in inverno.

Potrei attardarmi a tratteggiare le abissali differenze ma non sono queste che importano sebbene le implicazioni psicologiche che generano nel ponzese, soggetto ad una stimolazione sociale debordante (in estate)  e poi ad una avvilente  solitudine  (in inverno).

La scuola è chiusa in una camera stagna perché impegnata a difendere la sua sopravvivenza, e non propulsiva di iniziative. La chiesa, alla stessa maniera, gioca a difendere il suo prestigio e non a diventare lievito sociale. I Circoli culturali privati (sono tantissimi) sono attenti ad infilarsi nella giusta corrente per partecipare a sovvenzionamenti statali.

Chi offre alla comunità stimoli per allargare gli interessi, per approfondirli ? Chi fa opera di sollecitazione culturale ? Risposta: nessuno. A nessuno importa ciò che non si traduce, o non si potrebbe tradurre, in guadagno economico!

“ A priezza “ fa eccezione ed è l’unica. Ma, pur smanicandosi con generosità, non trova i supporti istituzionali sufficienti. Perché non c’ è attenzione, da parte delle Istituzioni, ai fermenti culturali, che pure un qualche segno di vita lo danno.

Con il risultato che l’isolano inaridisce e con lui tutto ciò di cui è portatore culturale sano.

La conclusioni ? Fra quelle possibili io preferisco sottolineare che c’è un vasto campo in cui operare qualificandosi, solo che si dia importanza all’aspetto culturale  della vita comunitaria.

Ad un deciso Assessore al Bilancio occorre fiancheggiare un ostinato Assessore alla Cultura. Che individui gli operatori attivi e li incanali in un binario di fattività  (non di chiacchiere).

Stefano Lubrano