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L’isola del dottor Moreau

[1]

di Silverio Tomeo

Delle tre pellicole ispirate al romanzo di H. G. Wells solo la seconda, che è del 1977, reca in italiano il titolo originario del libro “L’isola del dottor Moreau”. Il primo film è del 1932 in un bianco e nero espressionista, ed è “L’isola delle anime perdute”. Il terzo del 1996 con un voluminoso Marlon Brando nelle vesti del dottor Moreau ed è “L’isola perduta”. Tutti e tre i film sono di produzione nordamericana, ed ognuno manomette a modo suo la trama originale, in particolar modo introducendo personaggi femminili inesistenti nel testo di Welles.
[2]“L’isola delle anime perdute” (The Island Of Lost Souls, 1932) è di E. C. Kenton, direttore di fotografia Karl Struss, girato nei primi anni della Grande Depressione. Nella storia si intrufolano la bionda fidanzata del protagonista e una bruna esotica, The Panther Woman.

[3]L’isola del dottor Moreau [4]” (The Island of Dr. Moreau, 1977 [5]) è di Don Taylor [6], dove una conturbante Barbara Carrera è il personaggio femminile interpolato, mentre il dottor Moreau è un plumbeo Burt Lancaster. Qui si parla di un siero mutageno, mentre nel testo originario la manipolazione biologica è solo nella chirurgia.

L’isola perduta [7]” (The Island of Dr. Moreau, 1996 [8]) di John Frankenheimer [9] è il più recente e visionario, con l’aggiunta di un gene modificato e di un microchip di controllo nell’armamentario dello scienziato manipolatore. L’inquietante Fairuza Balk interpreta l’apocrifo personaggio femminile. É come se i film successivi al primo avessero accettata questa variante della presenza femminile come parte propria della storia.

Il romanzo dello scrittore inglese H. G. Welles è del 1896. Il tema di fondo è quello dell’ibridazione mostruosa tra il bestiale e l’umano con la regressione nell’istinto e la rivolta verso il padre. La rivolta delle bestie-umanoidi alla Legge loro imposta e la fine del dottor Moreau, il loro creatore, rappresentano il culmine della storia. Nel romanzo il protagonista dell’avventura Edward Prendik narra la vicenda in prima persona, dall’approdo fortunoso nell’ isola vulcanica persa nel Pacifico sino all’epilogo, dove poco prima afferma: “Debbo confessare che di fronte al doloroso sovvertimento di valori che regnava nell’isola, avevo perso qualsiasi fiducia nell’equilibrio del mondo”. La hybris come eccesso violento, dismisura, superbia e sfida agli dei agisce negli esperimenti del dottor Moreau e non può che votare la situazione alla catastrofe. La scienza e la tecnica asservite alla hybris  (concetto della sapienza greca antica) erano forze potenzialmente distruttive già nell’Inghilterra di Welles e nel mondo della fine dell’800, tra Rivoluzione industriale e volontà di potenza.

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