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Schizzi di salsedine da Ponza (26)

[1]

di Franco De Luca

 

Quando sul Corso Pisacane la fantasmagorìa delle luci esplode, perché le insegne dei negozi e l’illuminazione  stradale e gli alti pali delle luci sul porto signoreggiano sulla notte, priva del benché minimo accenno di luna, le “cianciole” (le barche che pescano pesce azzurro) sono animate.

Stanno sistemate l’una accanto all’altra al molo Di Fazio, ma non riposano. Al contrario, vivono l’imminente partenza, ma senza agitazione. Anzi con ritrosìa.

A bordo nessuna luce, i marinai chiacchierano pacatamente, appoggiati ai gozzetti disposti alle murate.

Il contrasto è netto: a terra un brulichìo di persone, per lo più giovani. Mangiano, si dimenano, bevono, parlano, sfilano, ridono; a mare gli equipaggi si preparano ad una nottata di pesca. Si spera che lo sia, perché talvolta si esce e si ritorna l’indomani con le cassette vuote.

Le “cianciole” attendono l’ora per salpare. Dignitose, serene, motivate.

Nella notte buia, lontano, sulla rotta delle formiche sul mare brillano luci. Una, distante, più fioca; due più vive, distanziate l’una dall’altra.

Stanno pescando alici. C’è la barca “madre” da una parte, più fioca; ci sono i gozzetti con le luci accecanti che cercano di radunare al di sotto il branco delle alici, per poi gettare le reti.

Tre luci lontane, che trapassano il buio, luci che lavorano, che si adoperano per una buona pescata, per i marinai, il pane.

L’estate è anche questo.

Non tutto è brillìo, c’è anche fatica.

 

Francesco  De Luca