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Tifone, di Joseph Conrad (6)

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di Gianni Paglieri

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Attraverso uno squarcio frastagliato aperto nella cupola delle nuvole, la luce di qualche stella cadeva sul mare nero, che si gonfiava e ricadeva confusamente… il Nan-Shan ballava pesantemente sul fondo di un tondo pozzo di nubi. Questo anello di vapori densi che girava follemente attorno alla calma del centro avvolgeva la nave come una muraglia immobile e ininterrotta, d’aspetto incredibilmente sinistro… il mare si alzava in montagnole aguzze che si urtavano scambievolmente e schiaffeggiavano pesantemente i fianchi della nave; e un suono basso come un gemito, l’infinito lamento della tempesta imperversante, giungeva dalla zone oltre i confini di quella calma minacciosa.

Mac Whirr approfitta del momento di sospensione e si allontana dal ponte, ma Jukes non sopporta di rimanere solo e ha quasi del tutto perso la fiducia in sé… quasi che la tempesta dovesse piombare su di lui appena si fosse trovato solo, a tu per tu con la nave… Jukes non riesce a rincuorarsi, anzi ha la sensazione che un pericolo ancora maggiore stia incombendo… L’aria immobile gemette. Sopra la testa di Jukes poche stelle luccicavano in fondo a un baratro di vapori neri. L’orlo d’inchiostro della corona di nubi incombeva pauroso sulla nave sotto quel lembo di cielo sfavillante. Anche le stelle parevano guardarla intente, come fosse per l’ultima volta…”

Mac Whirr sa che sarà difficile portare la nave fuori dall’occhio del tifone, ma sente che deve tentare di fare proprio questo ma, per la prima volta, la sua sicurezza sembra vacillare. “L’uragano aveva fatto irruzione nella disciplinata compostezza della sua intimità. Non era mai accaduto prima, e lo sbigottimento s’insinuò nel più profondo della sua padronanza di sé. E il peggio doveva ancora venire!”

Mac Whirr si reca nella sua cabina, si lascia cadere sul divano e tende l’orecchio per cogliere le prime voci del ritorno del vento: …udì solo lo sciabordare dell’acqua, gli spruzzi violenti, i tonfi sordi dei colpi di mare disordinati che assalivano la sua nave da ogni parte… ma la tranquillità dell’aria era sconcertante, tesa e malsicura, come un capello sottile che tenesse una spada sospesa sopra il suo capo. Grazie a questa pausa la tempesta vinse la resistenza dell’uomo e gli dischiuse le labbra. Nella solitudine e nel buio fisso della cabina il capitano Mac Whirr parlò, come se si rivolgesse a un altro essere destatosi nel suo petto.

– “Mi spiacerebbe perderla”-  disse a mezza voce… sedeva non visto, lontano dal mare, dalla sua nave, isolato, come si fosse ritratto dalla corrente stessa della sua esistenza, in cui stranezze come quella di parlare a se stesso non avevano certo posto. Le palme delle mani posavano sulle ginocchia… passò un istante di silenzio così profondo che nessuno avrebbe indovinato che in quella cabina c’era un uomo seduto. Quindi si levò un mormorio: – “Però potrebbe ancora cavarsela”.

Nonostante tutto Mac Whirr ha trovato nel suo cuore, per motivi inspiegabili, una forza sconosciuta che lo spinge ad osare ancora, a sfidare ancora la tempesta, a non arrendersi senza lottare. Mac Whirr non vuole perdersi e decide di superare il centro del tifone e andare oltre.

Quindi ritorna sul ponte dove trova Jukes e il secondo con la testa fra le mani impazzito di paura, mentre… “Un suono sordo, echeggiante simile a un grido che si propaghi in un abisso di rocce, s’avvicinò alla nave e s’allontanò. L’ultima stella, sfuocata, ingrandita, come se ritornasse alla bruma infuocata delle origini, lottò con l’infinita, profonda oscurità che sovrastava la nave e si spense”.

Non si lasci sconcertare – dice Mac Whirr a Jukes – qualunque cosa accada… La prua al vento. Possono dire quello che vogliono ma le ondate più forti sono quelle che vengono con il vento. Prua al vento, sempre prua al vento; è l’unico  modo per uscirne. Lei è un marinaio giovane. Metta la prua al vento. È quanto basta per chiunque. E testa a posto”.

La calma coraggiosa del capitano rincuora Jukes che si sente invadere da un’improvvisa fiducia che lo fa sentire pronto ad affrontare ogni evenienza.

Il mormorio del vento s’avvicinava rapidamente. In primo piano si poteva distinguere un lamento sopito e sostenuto, e in lontananza il crescere di un clamore molteplice che si ampliava avanzando. C’era in esso come un rullare di tamburi, una sonorità malvagia e precipitosa, e come il salmodiare di una moltitudine in marcia …L’uragano col suo potere di far impazzire il mare, di colare a picco le navi, di sradicare gli alberi, di rovesciare le muraglie più salde e di sbattere al suolo perfino gli uccelli dell’aria, aveva trovato sul proprio cammino quell’uomo taciturno e,  facendo del suo meglio, era riuscito a strappargli poche parole. Prima che il rinnovato furore dei venti piombasse sulla nave, il Capitano Mac Whirr si spinse fino a dichiarare in tono, per così dire di fastidio: – “Mi spiacerebbe perderla”.

“Questa seccatura gli fu risparmiata”.

Infatti… In una splendente giornata di sole, con il suo pennacchio di fumo spinto in avanti dalla brezza di poppa, il Nan-Shan entrò a Fu-Chou. 

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Mac Whirr salda il dovuto al Secondo Ufficiale ma gli dice di andare a fare colazione a terra dove questi trova subito comprensione da un losco individuo con il quale schiuma rabbia contro il Comandante e cerca di nascondere dietro alle calunnie la sua passata viltà e la sua mancanza di coraggio.

La Signora Mac Whirr leggendo la lettera che il marito le scrisse dopo l’arrivo a Fu Chou soffocò uno sbadiglio, forse per educazione verso se stessa poiché era sola… Si chiamano tifoni… Non nei libri… Non potevo permettere che continuasse… lesse distrattamente… e le prime parole su cui si posarono i suoi occhi assenti in capo a un’altra pagina furono: “rivedere te e i ragazzi… Non le venne in mente di voltare il foglio e di tornare alla pagine precedente. Vi avrebbe trovato scritto che fra le 4 e le 6 a.m. del 25 dicembre, il capitano Mac Whirr aveva creduto che la nave non avrebbe potuto resistere un’altra ora e che quindi con un mare simile non avrebbe mai più rivisto la moglie e i figli. …

Solomon Rout, il Direttore di Macchina… non scrisse che poche parole sul tifone, ma qualcosa l’aveva indotto a esprimere un accresciuto desiderio per la compagnia della sua allegra consorte.

Jukes il Primo Ufficiale scrive della tempesta e del problema causato dai coolies al suo amico e collega imbarcato sui transatlantici e conclude parlando del Capitano Mac Whirr: “ …che per essere uno sciocco se la sia cavata molto, molto bene”.

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In “Tifone” ci sono due protagonisti principali: il Capitano Mac Whirr e la tempesta. Entrambi hanno carattere, entrambi sono elementi della natura.

Conrad racconta in una maniera eccezionale immagini di una tempesta che la maggior parte dei lettori non ha mai sperimentato. I termini tecnici sono perfetti, soprattutto nella versione in lingua inglese, le situazioni che precedono l’arrivo del tifone e il suo svolgersi sono assolutamente in linea con il reale spiegarsi di simili manifestazioni di tempesta. A differenza del film The perfect storm (di Wolfgang Petersen; 2000)” che racconta la tempesta come possiamo immaginarla, Conrad racconta la tempesta proprio come è nella realtà.

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Come abbiamo potuto vedere alla caratterizzazione del personaggio principale, il Capitano Mac Whirr, non corrisponde una trama che possa giustificare il tono ironico che gli viene riservato. Probabilmente la sua mancanza di immaginazione serve a sottolineare il tramonto di quella idealizzazione della figura del Comandante che aveva prodotto il mondo della vela. Il Nan Shan è infatti un piroscafo, ma la mancanza di immaginazione metterà nei guai Mac Whirr che, pur vedendo che il barometro annuncia l’avvicinarsi di un tifone, decide di non cambiare la sua rotta. E così il Nan Shan viene investito da un tifone per un giorno e mezzo  e viene ridotto a un relitto galleggiante. Mac Whirr viene messo alla prova proprio da quel mare sul quale aveva navigato per lunghi anni in maniera quasi incosciente e quando il tifone investe la nave e ha inizio la lotta contro gli elementi scatenati, il romanzo diventa la storia della forza che il Capitano Mac Whirr sa infondere negli uomini dell’equipaggio.  Mac Whirr è l’unica forza che riesce a tenere testa alla furia scatenata della natura e agli occhi di chi legge, cambia e in un certo senso si riabilita, quando nell’occhio del tifone raggiunge il suo momento di verità, quando dirà tra sé e sé: “Può ancora venirne fuori”.

 

Gianni Paglieri

 [Tifone, di Joseph Conrad  (6) – Fine