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Ai Nostalgici

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di Vincenzo Ambrosino

 

Arricuordt oi ponze’: gli oggetti non hanno un’anima!

Sicuramente avrete da qualche parte, nascosti in una cassa, in uno scaffale, in un cassetto della vecchia scrivania degli oggetti che vi sono cari. Li avete sicuramente dimenticati ma un giorno, magari una domenica, fuori piove, in casa siete soli, vi capita, trasportati da un istinto di sopravvivenza, di andarli a cercare.

Li trovate invecchiati, pieni di rughe, coperti di ragnatele, ma sono ancora lì a ricordarvi il passato. La pipa di papà. La toccate e sembra che lui riviva; lo vedete fumare, lo vedete guardare il mare, lo sentite accarezzarvi la testa, lo sentite confortarvi, lui che vi conforta oggi in questa giornata in cui voi siete a casa, soli e fuori piove. Vi scende una lacrima e poi un’altra e piangete, ma è un pianto che fa piacere, è un pianto che vi avvolge di un calore che voi avevate dimenticato. Rivedete quando eravate bambini e quando c’era tutto un altro mondo intorno a voi, quel mondo che non aveva futuro, ma era tutto, il vostro mondo. Tutto girava intorno a voi, non immaginavate che si potesse giocare dove voi non eravate presenti. E vi ricordate quando camminavate sulla strada a Sant’Antonio, aggrappati alla mano di vostro padre e non capivate perché c’erano quelle cose scure, una più grande e una più piccola che vi inseguivano. Vi voltavate e improvvisamente vi stavano a fianco e poi davanti. Guardavate vostro padre e lui non parlava, perché non si parlava molto in quel tempo e voi tentavate di calpestare inutilmente quei mostri che vi giravano intorno.

Con il tempo hai capito che il mondo e la vita non ruotano intorno a te, e che quei mostri erano l’ombra di tuo padre e la tua: l’essenza del divenire.

Ora sei solo nella  stanza, con questo oggetto tra le mani che i tuoi figli, tempo fa hanno fatto cadere e hanno rotto e tu amorevolmente l’hai incollato. Un oggetto, un pezzo di legno scolorito, inutile, che si confonde tra tanti oggetti ma nelle tue mani è riuscito ad animarsi, a portarti lontano, a farti rivivere la tua irripetibile infanzia.

Gli oggetti vivono più degli uomini, gli oggetti raccontano di mondi antichi, gli oggetti raccontano storie, raccontano epopee, raccontano amori, raccontano vite. Ma sono gli uomini che vivono molto di meno che li fanno parlare, che li fanno rivivere, che li mettono in mostra, che li riparano, che li valorizzano.

Pasquale Mattei scrisse parlando della geologia dell’isola: “quella pietra parla un arcano linguaggio”; ma quell’arcano linguaggio deve essere decifrato dall’uomo, dallo studioso che conosce quel linguaggio: essa racconta storie di un mondo passato ed è ancora l’uomo che capisce che quella pietra, malgrado la sua apparente durezza,  va protetta, perché sulla terra tutto è destinato a morire.

E così è l’isola, nei ricordi dei nostalgici: “Come eri bella quando eri pura lontana dalla mercificazione del dio denaro!”. L’isola è l’isola, un oggetto, uno scoglio, una pietra, che nei tuoi ricordi diventa nostalgia, ma sei tu piccolo uomo a colorare i tuoi ricordi, sei tu a sospirarla o magari a maledirla.

L’isola è bella, l’isola è meravigliosa, l’isola però può diventare una prigione, può diventare un posto di relegazione, di tormento, di espiazione, di martirio, di speculazione.

E gli uomini che sono vissuti su questo scoglio sono stati uomini duri, uomini chiusi, uomini gelosi delle loro proprietà, del loro orticello. Uomini resi ancora più diffidenti dalla ristrettezza dello spazio, dai pericoli dei pirati saraceni oppure dei soldati francesi, inglesi, dei coatti, dei briganti, dei fascisti, dei mercenari.

Non si può amare un paese senza rispettarne gli abitanti, al contrario pensare che solo quelli morti siano grandi personaggi. Se rimuginiamo in questo modo, continuando nell’errore, dobbiamo pensare che  la genetica locale abbia subito una metamorfosi, una mutazione culturale improvvisa e questa mutazione sia stata data dal turismo. Non è così, cari nostalgici, l’arricchimento ha messo in evidenza i nostri difetti ma essi già persistevano in forma più o meno latente nelle caratteristiche culturali degli isolani.

E’ vero quella pipa mi ha portato lontano nel tempo quando ero bambino ed io non sapevo che cos’era l’ombra e il prete aveva la televisione ed io lo rispettavo perché aveva comprato anche uno scivolo, ed io salivo sulle scale e spensierato, mi lasciavo cadere.

Sì, è vero il corso Pisacane era pieno di negozi aperti e “dietro al Corridoio” sentivi l’odore del cibo e il vociare delle mamme. Si è vero, c’era “la Controra” e c’era il Cinema e “Minicuccio”, ma la cosa più importante era che io ero bambino e quell’isola era il centro del mio universo.

E i bambini vedono il mondo in modo unico, mio padre diceva “ai miei tempi” e anche mio nonno che io andavo a salutare con rispetto, (criticandomi), trovava mille modi per dire che ai suoi tempi “era un altro mondo”.

Fra qualche anno mio figlio ricorderà di questa isola, quella del 2012 e la ricorderà con nostalgia magari trovando un mio oggetto da qualche parte.

Vedete amici, sono gli uomini che fanno la storia e la storia non è sempre stata bella, anzi è sempre stata una lotta per la supremazia… Ma sono sempre i piccoli uomini che sanno dipingere con pochi colori quadri meravigliosi, o con poche note comporre sinfonie celestiali.

Quella pipa nelle mie mani prende forme, racconta storie; nelle mani di un altro è un oggetto insignificante. Così è una pietra, una casa, un’isola, una città.

Arrivo a dire – e non so chi voteranno oggi e domani – che senza i ponzesi, Ponza non potrebbe mai essere  l’isola che ci induce passioni così forti!

Siate più indulgenti nei vostri ricordi con questi piccoli ponzesi che vivono oggi, fanno quello che hanno imparato dai loro genitori. Oggi si fa mercato, si compete, si gioca, non con “i tappi di birra”, ma si gioca in borsa, oggi non si fa il “cinema nella Padula”, ma ognuno ha il suo computer e Facebook. Ma i bambini continuano a nascere per cui giocano, crescono, sognano e le mamme invecchiano.

Siate più indulgenti nei vostri ricordi perché non si era migliori prima, si era solo in un altro mondo, piccolo mondo antico, magari con i fascisti dietro le porte o con i ‘padri padrone’ all’interno delle case. E questo scoglio se aveva un anima prima ce l’ha anche oggi, ma io sono convinto che allo scoglio come a tutti gli oggetti è solo il piccolo uomo a dargli un’anima.

 

Vincenzo Ambrosino