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Le emozioni del ritorno

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di Lino Catello Pagano

 

Un attimo, e il cuore esplode di emozioni in emozioni.

Arrivando da lontano si intravedono le nervature della schiena, ma sì: intravediamo Ponza, logico!
Guarda là in fondo: è il monte Guardia, la sua discesa a mare, i faraglioni della Madonna, oh! ’I scuglietelle, tra Zannone e Gavi, l’isola dei conigli; ecco sulla destra la punta estrema dell’isola, quella che confina con l’isolotto di Gavi, da qui si intravede Punta Incenso, le sue collinette; il mare è calmo come l’olio, la nave scivola velocemente sull’acqua. Ecco l’Arco Naturale, il Core, laggiù  il Fortino. Ecco Frontone e la sua spiaggia – ricordo ancora quando giravano le scene della battaglia di Maratona, con i modellini di navi romane che si davano battaglia – la Ravia maestosa e svettante in mezzo all’insenatura del porto, dall’altra parte lo Scoglio Rosso e le grotte di Pilato: lassù riposano i nostri vecchi e qualche amico giovane, andato via troppo presto.

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Salto per lo spavento. Non è niente: è soltanto che il comandante ha segnalato che siamo nel porto, con un fischio lungo. Il Lanternino è sempre lì, a ricordarci del passato; dietro, una volta c’era la spiaggia della Caletta, ora molto cemento e un porticciolo. Lo sguardo si perde e gira in tondo: ecco là Santa Maria con i suoi cantieri, Giancos e sopra Giancos… il mio sguardo si perde, emozionato, provo quella strana sensazione di quando si è lontani dai propri affetti; ecco Sant’Antonio e sullo sfondo Chiaia di Luna.

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Il porto mi porge il suo abbraccio colorato, l’abbraccio delle sue case arroccate sulla collinetta; è il più affettuoso e maestoso degli abbracci, c’è gente in banchina. Io non ho detto a nessuno che sarei venuto a Ponza, per questo non c’è nessuno ad aspettarmi; ho prenotato una stanza in un hotel.

Mi ricordo quando ero bambino e la sera si andava al porto ad attendere il postale, eravamo tutti seduti sul muretto che porta al Lanternino per  vedere chi arrivava; subito dopo andavamo sotto al Comune per attendere il postino, che chiamava chi aveva ricevuto posta: era un rito celebrato nel silenzio e con la testa in su, a guardare chi di lì a poco avrebbe letto il tuo nome su una busta che arrivava forse dall’America, da un parente lontano e, se non ricevevi niente, avevi trascorso un paio d’ore insieme agli altri.
Ora tutto questo è storia vecchia, ormai con i mezzi moderni si va in giro per il mondo, si parla in tempo reale senza problemi e senza limiti di distanza.

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Quando scendi dalla nave e tocchi terra ti sembra che una scarica di energia t’invada e ti renda euforico, ma è il tuo Io che rinasce. La primissima cosa che fai è lasciare le valigie in albergo e andare a trovare Colui che tu porti nel cuore senza mai tradire, tutto puoi tradire ma Lui no. Entri in punta di piedi, sali quei cinque o sei gradini ed ecco che sei a casa Sua; gli occhi si riempiono di lacrime  che tu vorresti trattenere, ma che ugualmente sgorgano come fontana; sprofondi immediatamente nei ricordi più lontani della tua memoria, ti rivedi bambino poi giovincello poi uomo, tutto insieme: ricordi che aiutano il cuore a stare bene. A passo lento, ti guardi intorno: nulla è cambiato ma tutto è cambiato dentro di te, in silenzio ammiri cose che non ricordavi e ti ridanno lucentezza di nuove immagini. Prosegui, ed eccolo lì Colui che ti ammonisce con le tre dita alzate; lo fissi dritto negli occhi e inizi il tuo colloquio con Lui.

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Dopo essere stati a lungo in ginocchio davanti a Lui, chiedendogli scusa per il tanto tempo che sei stato assente dalla Sua casa, ringrazi per tutte le cose belle e, con il cuore colmo di felicità, esci con infinita gioia, ritorni là dove hai lasciato la tua borsa, piena di vestiti e di tanti ricordi belli e brutti.

È  l’emozione che provi ed hai provato in  una giornata trascorsa a vagabondare per la tua isola natia.

 

Io lotto, perché un giorno devo tornare. Almeno un giorno

 Lino Catello Pagano