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Ponza e le isole specchio (2)

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di Sandro Russo

Per l’articolo precedente, leggi qui [2]

Martiri e santi si ebbero sia a Ponza che nelle Tremiti e spesso non per scelta spontanea. Le vicende di S. Silverio e le notizie dei martirii di S. Domitilla, Nereo e Achilleo fanno parte della mitologia, della storia e del culto delle isole ponziane.

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La Chiesa di Santa Maria ed i resti della fortezza costituiscono testimonianza dell’influenza del monachesimo nelle isole Tremiti.

All’inizio dell’anno mille i monaci benedettini di Cassino avevano istituito sulle isole un centro religioso. Nel Medioevo notevole importanza acquistò l’Abbazia da loro fondata nel 1010 sull’isola di San Nicola; la chiesa di Santa Maria fu addirittura per secoli parte della diocesi di Montecassino. L’abbazia fu soppressa nel 1780 da Ferdinando II che vi sostituì una colonia penale. Il fascismo la utilizzò come luogo di confino per i dissidenti del regime (vedi in seguito).

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Entrambi  i gruppi di isole furono poi sottoposte alla dominazione Borbonica e furono oggetto degli esperimenti di ‘ingegneria sociale’ di quel regime, deportazione coatta inclusa.

Delle due principali colonie disposte dal regime borbonico a Ponza, di un ceppo trapiantato da Ischia nel 1734 e da Torre del Greco (nel 1772) si è parlato più volte su questo sito: leggi qui [6].

Alle Tremiti si cominciò ad allestire una vera e propria colonia nel 1737 e solo una cinquantina d’anni più tardi, nel 1792, Ferdinando 1° vi fece relegare “buon numero di malfattori” da impiegarsi nei lavori di dissodamento nei terreni del territorio delle isole rimasti anch’essi, come si è visto prima, acquisiti al demanio dello Stato dopo la soppressione del monastero. A questi deportati furono assegnati “cinque tomoli di terreno, il suolo per la casa, gli attrezzi del mestiere e cinque grana al giorno per i primi tre anni”.

Nel 1809 tale “colonia penale” fu chiusa, per ordine di Gioacchino Murat (diventato ‘re di Napoli’ l’anno prima), con la liberazione di tutti i deportati, per i meriti acquisiti resistendo validamente agli assalti della flotta inglese.

Dai registri comunali recuperati sulle isole risultano, a partire dal 1844, delle registrazioni di morti con la qualifica di ‘colono’, appartenenti ad una seconda colonia istituita appunto in quel periodo (1843).

Il dialetto di derivazione napoletana che si parla alle Tremiti è una significativa testimonianza di filiazione etnica.

A merito del regime borbonico va menzionata, oltre all’esperienza di Ponza, quella di S. Leucio (nel comune di Caserta, a pochi chilometri dalla città) come massima apertura alle istanze sociali proposte dall’Illuminismo, che toccarono le menti più aperte di quel regime per altri versi retrivo e corrotto. In questo contesto si inseriscono, a Ponza, le grandi opere di ammodernamento del porto e razionalizzazione dell’abitato, avviate a partire dal 1768 da re Ferdinando IV di Borbone, sotto da guida dell’ingegnere Francesco Carpi e dell’Ufficiale del Genio Antonio Winspeare. I lavori durarono fino al 1793, svolti da alcune centinaia di forzati ergastolani, che poi nel 1795 furono rinchiusi nel nuovo carcere di Ponza. In questa seconda fase furono avviate e portate a compimento le opere pubbliche che ancor oggi caratterizzano l’arcipelago.

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E veniamo a tempi più recenti.

Quando nel 1911 il liberale Giolitti scatenò una guerra coloniale contro la Turchia che dominava la Libia, un contrattacco arabo-turco sorprese i bersaglieri italiani, uccidendone 500. La repressione militare fu immediata e spietata: oltre 2.000 arabi furono fucilati o impiccati e cinquemila deportati in Italia e confinati nelle isole di Ustica, Ponza, Favignana e Tremiti.

La deportazione di libici in Italia nelle isole Tremiti – analoga a quella che ha riguardato l’isola di Ponza (leggi qui [8]) rappresenta forse una delle pagine più vergognose della storia colonialista italiana. Molti di essi morirono di malattie e di stenti.

Il mausoleo libico sorge di fronte al vecchio cimitero dell’isola di San Nicola.

Anche a Ponza una lapide attesta l’episodio e ne ricorda le vittime.

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Periodo fascista – Il 6 Novembre 1926 venne emanato il Testo Unico delle leggi di Pubblica Sicurezza (R.D. 6/11/1926 n. 1848) che istituiva il confino di polizia. Nel dicembre del 1926 erano già circa seicento i confinati politici distribuiti tra Favignana, Ustica, Lipari, Pantelleria, Lampedusa e Tremiti.

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Alcuni dei confinati politici fecero l’esperienza di più isole. Nel sanatorio giudiziario dell’isola di Pianosa alle Tremiti fu trasferito nel 1932 Sandro Pertini, il futuro settimo Presidente della Repubblica italiana, accusato di antifascismo. Il 10 sett. 1934 fu trasferito a Ponza (leggi qui [11]). Il 20 settembre 1940, pur avendo ormai scontato la sua condanna, giudicato «elemento pericolosissimo per l’ordine nazionale», venne riassegnato al confino per altri cinque anni da trascorrere a Ventotene dove incontrò, tra gli altri, Altiero Spinelli, Umberto Terracini, Pietro Secchia ed Ernesto Rossi.

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Ma il destino comune delle Ponziane e delle Tremiti non finisce qui: entrambi sono stati scoperti dal turismo di massa negli anni ’70 e negli anni successivi, e di esso tuttora stanno scontando gli effetti nefasti in termini di perdita dell’identità e di valori antichi come la solidarietà, l’etica pubblica e la coesione interna.

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Infine, e siamo alle vicende di questi ultimi mesi – ciliegina sulla torta delle analogie! – sia le Ponziane che le Tremiti hanno avuto tali irregolarità nella gestione della ‘cosa pubblica’ che entrambi i Comuni sono commissariati e aspettano le prossime elezioni di maggio per riportare alla normalità la giunta comunale.

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Non ce n’è abbastanza per pensare ad un gemellaggio?

…O quanto meno ad un viaggio di riscoperta, alla luce di tutte queste somiglianze?

 

Sandro Russo

 

[Ponza e le isole specchio (2) – Fine]