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Informazioni di base sulle droghe d’abuso (3)

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di Sandro Russo

 

Per la parte precedente di questa trattazione, leggi qui [2]

 

L’uso delle droghe ha accompagnato l’uomo attraverso tutta la sua evoluzione.

Semi di papavero sono stati ritrovati negli insediamenti del Cro-Magnon e dai rilievi archeologici tracce dell’uso di sostanze inebrianti e allucinogene risultano presso le più antiche culture.

In tempi già storici, i ritrovamenti nelle tombe e nei carichi delle navi che attraversavano il Mediterraneo, come pure le immagini impresse su bassorilievi e monete, dimostrano una antichissima familiarità dell’umanità con le piante medicinali: soprattutto con il papavero da oppio (Papaver somniferum), e non solo in Oriente.

Agli albori dell’umanità pare che le conoscenze delle sostanze medicamentose in genere, e le attività relative, fossero di pertinenza delle donne, tradizionali raccoglitrici e ‘guaritrici’, mentre all’uomo erano devolute le incombenze della caccia. Con l’evoluzione della società, il monopolio delle conoscenze, in un campo a metà tra le tecniche mistico-estatiche e l’erboristeria ai suoi albori, divenne appannaggio da sacerdotesse e maghe, sciamani e santoni.

D’altra parte la cultura occidentale ha sempre diffidato di questo mondo misterioso e magico, che adombrava l’aspetto arcano, enigmatico della natura umana. Eventi emblematici, poi impressi nell’immaginario popolare, hanno confermato nei secoli quest’aura di mistero: la possibilità che pozioni di natura vegetale potessero provocare la morte per avvelenamento. I miasmi che si sprigionavano dagli antri di maghi e profetesse, la morte di Socrate per ingestione di un decotto di cicuta, incutevano paura ed erano al di fuori delle possibilità di controllo dei comuni mortali.

Diffidenza generalizzata, ma in qualche misura anche conoscenza empirica dai risvolti pratico-applicativi, seppure in forme diverse da quelle attuali.

Nell’antichità quindi la funzione di amministrare “le droghe” era appannaggio di sacerdoti o sciamani o guru; basti pensare ai vaticinii dell’oracolo di Delfo, alle Pizie del mondo greco, ai riti tribali e sciamanici dell’Africa. Più tardi si è avuto notizia dei riti magici del sud-America e del culto del peyote.

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 Il peyote (o peyotl –Lophophora williamsii) un piccolo cactus delle zone desertiche del centro-sud America, fonte naturale della mescalina

In epoca medioevale iniziò l’esproprio dell’insieme delle conoscenze erboristiche e medico-magiche accumulato dalle donne nel corso dei secoli e tramandato per tradizione orale. L’intero corpus delle conoscenze passò ai monaci e a pochi ‘guaritori’. L’ossessione sanguinaria contro le donne accusate di stregoneria e di ‘commercio con il demonio’ si fa risalire alla fine del XV secolo (il “Malleus maleficarum” è del 1486) e prosegue per un paio di secoli. Fu l’epoca lugubre della caccia alle streghe, in cui si distinse particolarmente il mondo protestante, ma in cui anche la Chiesa cattolica fu pesantemente implicata.

Nei secoli bui, importanti centri di conoscenza, più raffinata e elitaria, furono i monasteri. ‘Il giardino dei semplici’ – hortus simplicium (sottinteso: medicamentorum) – di tradizione medioevale, era uno spazio all’interno del monastero, dedicato alla coltivazione delle piante medicinali.

Molto antica quindi, è la consuetudine all’uso di sostanze capaci di alterare il funzionamento del cervello, ma nel passato le finalità mistico-religiose e l’intermediazione di un ‘maestro’, con il ruolo di addestrare i nuovi adepti alla preparazione e ai primi passi nell’impiego di sostanze potenzialmente molto pericolose, mettevano al riparo da conseguenze dannose.

È una differenze fondamentale al confronto con l’attuale diffusione delle ‘droghe’ nella nostra società: a scopo edonistico, per la spinta al profitto economico; ma soprattutto per la scomparsa della figura del ‘maestro’, di una guida lungo un percorso iniziatico, teso ad una maggiore conoscenza di se stessi e/o ad un contatto con entità trascendenti.

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Seguendo il filo che ha condotto, da questi antecedenti, alla enorme diffusione delle droghe d’abuso nella società attuale, non vanno dimenticati gli eventi bellici.

Le guerre hanno sempre rappresentato – oltre che una ricorrenza drammatica della storia  dell’umanità – uno sconvolgimento della norma e un’accelerazione dei comportamenti.

Alcuni esempi…

L’uso voluttuario della cannabis si diffuse in Europa nell’Ottocento, soprattutto in Francia, al ritorno in patria dei soldati di Napoleone dopo la ‘campagna’ d’Egitto (1798).

La prima, ma soprattutto la  seconda guerra mondiale costituirono un formidabile impulso alla diffusione delle droghe, spesso distribuite dagli stessi comandi militari ai soldati, per superare il panico e le terribili privazioni e sofferenze della guerra di trincea.

In particolare sono ben conosciuti la distribuzione da parte dei comandi e l’uso da parte dei piloti militari, di una mescolanza di droghe psicoattive (eroina + cocaina) al fine di ‘caricarsi’ quando andavano a compiere distruzioni tremende, spesso su popolazioni inermi: ‘macchine da guerra’ al tempo stesso indifferenti al pericolo e alla stessa morte (effetto dell’eroina) e insieme aggressivi, vigili e accurati nelle loro azioni (effetto della cocaina) – (v. in seguito).

In tempi più recenti è stata la guerra del Vietnam (1960-1975) e il ritorno dei reduci in patria ad espandere la diffusione delle droghe d’abuso negli Stati Uniti.

Sull’onda dei movimenti giovanili di quegli anni e del movimento hippie, che presto si diffondeva dagli USA a tutto il mondo occidentale si è esteso l’uso ‘ricreazionale’ della cannabis e delle droghe sintetiche (in quegli anni soprattutto LSD, “l’acido”). Se ne parlerà in seguito.

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È degli anni ’70 circa, in Italia, la diffusione dell’eroina, con il corollario dei morti per droga che riempivano le cronache dei giornale dell’epoca.

In tempi ancora più recenti c’è stata la diffusione delle droghe sintetiche – della famiglia delle Extasy – e ancora successivamente la cocaina, da ‘droga’ diffusa solo tra selezionati strati sociali, al consumo da parte di vasti settori della società.

Ormai, quali che fossero le motivazioni iniziali, il consumo delle ‘droghe’ è sempre più una spinta consumistica, una moda diffusa, certo abilmente pilotata dalle agenzie internazionali che da tale ‘traffico’ derivano lauti guadagni.

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Un corollario da non sottovalutare, nel discorso generale sulle droghe d’abuso, è che la necessità di difendersi da comportamenti socialmente pericolosi, ha portato gli Stati di imporre leggi e limiti restrittivi alla diffusione delle droghe. Ciò comporta che la loro acquisizione fa entrare i consumatori in un ‘giro’ di illegalità, a volte con conseguenze disastrose per i più sprovveduti, tra cui per forza di cose, i più giovani.

 

Sandro Russo

 

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