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La Pasqua di Renato

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di Polina Ambrosino

 

“Il fuoco lo vedi già arrivando vicino alla casa della Signora Silvia e, man mano che ti avvicini a sant’Antonio, senti l’odore forte e il calore. Il cielo della sera diventa arancione in quel tratto di strada e sembra bruciare le angosce e i brutti pensieri. Ti avvicina a Lui, che incontri dopo pochi metri, lì, disteso sul suo letto di dolore, illuminato da tante lucine e portato dalla corrente, che galleggia sulle nostre teste, sorretto da mani forti.

L’incontro tra Gesù morto e sua Madre, seguita dalle donne e dai fedeli, è rimasto il momento più suggestivo e toccante del nostro Venerdì Santo. Ieri, in una calma e placida sera di Aprile, con la luna a fare capolino fra gli alberi, il rito si è ripetuto. Esiste ancora qualcosa che vive si perpetua, esiste ancora chi conosce le parole delle canzoni della Passione di Gesù, parole dure e chiare, che parlano di flagelli e di sangue, di perdono e pietà. Esiste ancora chi è in fila con i lampioncini, vestita di nero, come le donne di Gerusalemme. Esiste chi, come ha imparato fin da bambino, si presenta all’imbrunire sul sagrato della chiesa per portare in processione la Madre e il Figlio. Esiste quel fuoco: antica tradizione, luce sulla Strada della Croce, sorpresa per i pochi “forestieri”, incantati a guardarlo.

Nella mia vita il “focarazzo” è stato sempre associato, fino a pochi anni fa, ad una persona, tenace nella sua semplicità, un personaggio ponzese che viveva l’isola come fosse la sua casa. E’ da alcuni anni che, purtroppo, manca e la sua mancanza si vede e si sente proprio in momenti come il Venerdi Santo. Renato Pasqua, questa devozione la porta già nel nome, che non è, come molti credono, il suo soprannome, ma proprio il suo cognome vero. Renato, lo spazzino più scrupoloso che Ponza abbia mai avuto, con i suoi mezzi, con le sue capacità, ha reso all’isola molto più di molti che con ben altre capacità, spesso hanno avvelenato l’aria di miasmi e cattiverie. Lui che nella sua vita ha conosciuto solo Ponza e il suo orizzonte, che pietra per pietra, scala per scala, ti sapeva dire chi eri, a chi appartenevi e cosa facevi nella vita, sebbene nella sua lingua personale, lui, abbandonato a se stesso, ammalato di diabete, è stato portato prima a Torino presso una sorella, ora in Belgio presso un’altra sorella… Di certo farà una vita più sana, di certo avrà vestiti puliti e dignitosi, di certo non mangerà la trippa alle 7 del mattino o 12 uova la sera, come disse a mia madre esterrefatta venendo, come sempre puntuale, alle 7.30 del mattino, a ritirare l’immondizia (quando la raccolta si faceva porta a porta e a Ponza non servivano i cassonetti ed eravamo 4.500 abitanti mentre ora siamo circa duemila e, spesso, affoghiamo nei rifiuti). Immagino Renato guardare interdetto persone che parlano una lingua sconosciuta e incomprensibile, lui, che vorrebbe raccontare di come funziona a Ponza, della festa di San Silverio, di quando muore qualcuno e lui portava la Croce, del suo Focarazzo del Venerdì Santo. Già, perché era il suo. Io, da che ho memoria, ricordo lui ad organizzarlo, ma con la partecipazione, volontaria ed entusiasta, dei ragazzi di Ponza che, con ogni mezzo, si arrampicavano lungo le colline in cerca di pennicilli che, il più delle volte, erano già stati preparati dai contadini delle varie zone… Lui, che con pazienza e sapienza, sapeva come collocare i vari tipi di legna, come non mettere cose pericolose, come fare ogni anno un fuoco più bello.

Renato si impegnava al massimo e garantiva che, al momento clou della Processione, la Madonna avrebbe visto suo Figlio illuminato dal suo fuoco.

Poi Renato è andato via e non vi è stato anno che, per fare questo falò, non ci siano stati problemi: autorizzazioni, permessi, orari per poter portare la legna, attenzione ai soliti incoscienti che invece della legna, usano il falò per disfarsi di rifiuti pericolosi… Insomma, la sacralità di una tradizione, ridotta a brandelli da persone incoscienti e da una burocrazia fredda e senza buon senso. Ma, per fortuna, certe passioni non è facile sradicarle: in pochi, è vero, ma più che sufficienti, in tre ore hanno procurato la legna ed eretto il falò… Miracoli della buona volontà, dell’amore per la tradizione e per l’isola: caro Renato, lo dedichiamo a te questo falò, che non è stato bello e ben fatto come i tuoi, ma voluto e sistemato con tanta passione.

Speriamo di rivederti un giorno, magari nella settimana Santa, dare suggerimenti a chi continuerà a perpetuare la tradizione! Ponza ti saluta!!”

Auguro Buona Pasqua alla redazione e ai lettori!

Auguri di cuore a tutti voi!

 

Polina Ambrosino