Bonlamperti Carlo

La gabbia di pietra (10)

di Carlo Bonlamperti

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Seduti sulla stessa branda, i due fratelli rimangono a lungo a raccontarsi la loro vita, guardandosi finalmente negli occhi senza alcun timore e acquistando con gradualità la confidenza e la fiducia che il destino ha negato loro fino a quel momento.

Giorgia riesce più facilmente ad abituarsi a quella nuova realtà e ad assaporarne la dolcezza della novità perché in effetti lei già era a conoscenza di avere un fratello, pur non conoscendolo ancora. Per lei è come se quel fratello fosse tornato da un viaggio in un luogo lontano dove motivi di lavoro o circostanze diverse lo hanno trattenuto per lungo tempo, e si dispone ad ascoltare il suo racconto senza interrompere, estraniandosi da quello che accade attorno a lei, felice solo di appartenere al suo mondo e di essere lì con lui.

Toni invece, mentre la tempesta sembra perdere forza di pari passo alla serenità che scende dentro di lui, dandogli la sensazione di vivere un sogno ad occhi aperti, ha l’atteggiamento del naufrago che, rimasto a lungo in balìa delle onde, una volta raggiunta la spiaggia stenta a credere di essere in salvo e continua a muovere istintivamente le braccia, voltandosi a guardare ancora una volta il mare da cui è appena uscito prima di cedere allo sfinimento.

Gli riesce difficile creare all’improvviso un rapporto di normalità con una persona che credeva estranea fino a qualche ora prima e che di colpo è diventata sua sorella, facendo emergere il legame di sangue e l’appartenenza alla medesima famiglia.

Persino al termine fratello, che ora lo riguarda da vicino, Toni stenta a dare un contenuto concreto perché la pianticella della sua vita, sradicata precocemente dall’humus naturale delle sue origini, è cresciuta senza umanità e senza amore nell’arido terreno di una società di soli estranei. Gli è mancata proprio l’essenza della vita di famiglia, fatta di quell’innata disposizione dell’animo a dare e ricevere amore, a sentirsi difensori e protetti dalla stessa entità di cui si porta il marchio, sia pure con le differenze della propria individualità, ad aspettarsi e creare complicità con l’altro membro della famiglia, sia esso padre, madre, sorella, fratello.

In realtà anche a lui, in epoche diverse, la vita ha affiancato persone col ruolo di compagno, di superiora, di assistente, ma nulla lo hai mai legato ad essi se non il cameratismo, il rispetto, l’obbedienza o la sottomissione per paura della punizione: cose assai diverse dall’affetto per una persona che senti parte di te; dal senso di protezione verso una sorellina a te affidata o, da adulto, dallo struggimento che provi nel non poterle evitare gli apprezzamenti del bullo di turno; diverse dalla stima dei genitori che ti scalda il cuore e ti dà coraggio o dalla lacerazione interiore per il rimorso di un dispiacere arrecato loro; diverse dall’obbedienza che costa sempre cara, ma che ti appare assai più leggera se l’accetti per amore, non per paura.

Toni non ha ancora avuto la possibilità di fare queste esperienze, ma nonostante ciò, o forse proprio per questo, non ha la forza di porre più alcuna distanza tra lui e quella creatura che, col suo affetto senza pretese, gli ha spalancato di colpo l’orizzonte di una vita nuova, e cede a lei con una resa totale, incondizionata, improcrastinabile, suggellata dal bacio che riceve dalla sorella e che lui ricambia con un sorriso.

Un’ombra però si stende sul viso di Toni al pensiero che gli attraversa la mente, interrompendo quel momento di tenerezza. Un pensiero che ha cominciato a farsi strada dentro di lui man mano che il racconto di Giorgia svelava la sua identità, e che ha acquistato forza di pari passo alla presa di coscienza della sua nuova missione: liberare la sorella.

Un’occhiata alla finestra gli rivela l’avanzare del giorno di cui né lui né Giorgia si sono accorti, tanto intensa è stata l’atmosfera creatasi tra loro, e proprio in quell’istante un raggio di sole di quel tardo pomeriggio, fattosi strada attraverso uno squarcio di nubi scure, segna la fine del temporale.

– Dobbiamo fuggire! – fa Giorgia seguendo lo sguardo del fratello e intuendo i suoi pensieri.

– Si – le risponde Toni – non perdiamo altro tempo. Io però andrò a costituirmi.No! – grida istintivamente la sorella, afferrandogli le mani in uno slancio di affetto – Fuggiremo insieme. Ce la possiamo fare. Ci nasconderemo con l’aiuto di papà. – Per fare che cosa? La vita miserabile che ho fatto io fino ad oggi? Non ci penso nemmeno. E poi, se pure accettassi, credi che Baingio e Spagna me lo perdonerebbero? No, Giorgia, non ho alternative: devo costituirmi e far arrestare i miei complici. Solo così tu potrai salvarti e continuare la tua vita. Io pagherò il mio debito con la società e quando uscirò penseremo al futuro.

– Non devi costituirti, Toni, non puoi farmi questo proprio adesso! – insiste Giorgia, abbracciando in lacrime il fratello quasi a volerlo difendere da qualcosa più grande di loro che li sovrasta e minaccia di dividerli.

Rimangono a lungo in quell’atteggiamento, lei insistendo perché lui non si costituisca e lui ribadendo il contrario, fino a che Giorgia, con la determinazione del suo carattere forte e il senso pratico che la distingue, si stacca da lui e spalanca la porta rimastale inaccessibile per tutti quei giorni e in un istante si rende conto della posizione della roccia. Poi, mentre il suo sguardo si sofferma sullo scoglio piatto della riva e sul sentiero che s’inerpica verso l’alto sul fianco della collina, aggiunge, decisa:

– Io non conosco affatto quest’isola, né i mezzi e gli orari dei collegamenti con la terraferma, ma troveremo comunque un modo per andarcene. Ecco quello che faremo: adesso lasciamo questa grotta e raggiungiamo la zona del porto; prendiamo una stanza per questa notte come due turisti qualunque e domattina, col primo battello in partenza, lasciamo Ponza. Tu hai un po’ di soldi?

Toni non risponde direttamente alla sua domanda, scuotendo la testa alle sue parole. Poi, con la morte nel cuore per il dispiacere che sa di darle, le stringe le braccia con le sue mani forti e, sostenendo il suo sguardo di rimprovero come non ha mai fatto prima di allora, precisa quanto ha in mente:

– No, Giorgia, è meglio che mi costituisca. E’ meglio per me ed anche per te e tuo padre. Consegnandomi ai Carabinieri dopo averti liberata e facendo i nomi dei miei complici, posso invocare il rito abbreviato e contare sulle attenuanti. Tu potrai testimoniare che ti ho trattata bene durante la prigionia e tuo padre provvedere ad un buon avvocato che ottenga dal Giudice una condanna non troppo pesante. Sei proprio convinta che quello che vuoi è un fratello delinquente, fuggiasco e in debito con la Giustizia? Non credere che per me sia facile doverti lasciare, ma il pensiero di avere una sorella che mi vuol bene e che potrò rivedere una volta uscito di prigione, mi aiuterà a superare il distacco e farà passare più velocemente il tempo della galera. Sapere che da qualche parte c’è qualcuno che mi pensa e mi aspetta mi dà una sensazione che non ho mai provato prima e forse non sarà l’unica cosa buona che la vita potrà darmi da ora in poi. Credimi, Giorgia, costituirmi è la cosa migliore che possa fare.  

La sorella è costretta ad arrendersi al suo ragionamento e a riconoscere tra le lacrime che quello che lui dice è sensato. Purtroppo lei non lo conosce ancora a fondo e neppure immagina che dietro quella decisione che le strazia l’anima c’è il lungo travaglio che ha accompagnato il fratello in quegli anni solitari, con lo stillicidio dei rimorsi che hanno seguito ogni impresa scellerata, appena sopiti da valanghe di scuse e pretesti accampati per tacitare la sua coscienza, fino a quell’impresa che ha coinvolto anche lei e che il fratello ha giurato a se stesso che sarebbe stata l’ultima.

Mai Toni avrebbe immaginato che il destino gli avrebbe messo sulla strada non una persona qualsiasi – dolce, gentile, remissiva – che gli avrebbe toccato il cuore con il suo perdono, ma nientemeno che sua sorella, una persona con il suo stesso sangue, vittima del sopruso cui sente di dover porre rimedio con la sua espiazione pur di risalire dall’abisso di abiezione in cui è precipitato. Non ha alcun dubbio a riguardo, nessun ripensamento; tuttavia, pur di compiacere la sorella che desidera restare con lui il più possibile prima che la sorte li divida nuovamente, arrendendosi all’espressione triste del suo viso solcato dalle lacrime, le promette:

– Un giorno, Giorgia, uno solo: poi la Giustizia dovrà fare il suo corso. 

– Cercherò di farlo bastare. Voglio conoscerti meglio – lo rassicura la sorella con un sorriso forzato sulle labbra. Subito dopo, prendendo per mano il fratello, con il suo giubbino sulle spalle, aggiunge:

– Vieni, parliamo là fuori. Da persone libere.

L’aria fresca di quella giornata che volge al termine li investe appena fuori della grotta. Il mare, che ha rumoreggiato per tutta la notte gareggiando col sibilo del vento e il rombo del tuono, assume ora l’aspetto di una fiera ammansita che si limita a lambire, sotto la spinta intermittente della risacca, gli scogli che collegano la grande roccia alla riva.

In precario equilibrio su quei sassi coperti di alghe, saltando da uno all’altro facendo attenzione a non scivolare in acqua, i due fratelli raggiungono lo scoglio piatto, provando la piacevole sensazione di aver trovato un approdo sicuro e abbandonato per un  po’ quel carcere umido e inospitale simile ad un vascello fatto incagliare a riva dalla tempesta.

Giorgia, con i muscoli delle gambe indolenziti dalla forzata inattività, deve essere aiutata dal fratello a percorrere il pur breve tratto che porta a riva ma, giunta a destinazione e sedutasi accanto a lui che le cinge le spalle con un braccio, più che per lo sforzo resta senza fiato per lo spettacolo che il sole al tramonto regala ai suoi occhi.

L’Isola di Palmarola, che si staglia sul mare proprio di fronte a loro, con la sua massa scura arroventata ai bordi, a stento riesce a fare da schermo all’esplosione dell’arancio, del rosso e del viola in tutte le tonalità, che, veicolati dai raggi che sembrano sprigionarsi proprio alle spalle dei rilievi più alti, si spingono ad incendiare le nuvole rade, disegnando ghirigori dorati sulle loro forme bizzarre.

Per un lungo istante i fratelli rimangono in silenzio, nel timore di rompere quell’incanto con le loro parole, soggiogati dalla meraviglia che si presenta ai loro occhi, che muta gradualmente fino a dissolversi lentamente nel buio della sera.

Quando Toni torna dalla grotta con i panini, una miriade di stelle ha già preso il posto nel cielo sopra di loro e fa compagnia ai loro racconti, alle loro domande e ai loro perché fino all’alba, ritirandosi con la stessa discrezione con cui i due fratelli, con parole appena sussurrate, hanno approfondito la loro conoscenza nella quiete notturna.

***

La giornata di giovedì trascorre velocemente, come le cose preziose e rare che si vorrebbe invece trattenere e far durare più a lungo, tanto che i due ragazzi si trovano sulla strada per Cala Caparra quasi senza rendersene conto.

Toni ha raccolto e gettato alla rinfusa nello zaino i pochi effetti personali con una determinazione di cui lui stesso si meraviglia, quasi temendo che una nuova obiezione della sorella possa distoglierlo dal suo proposito.

Dal pullman che li porta in centro, guardando ancora una volta il sole rosso che tramonta dietro Palmarola, Giorgia pensa che l’indomani sarà una giornata serena e assolata gradita ai villeggianti vocianti che affollano l’automezzo.

L’allegria genuina di quella gente spensierata non riesce tuttavia a contagiarla perché il suo pensiero è rivolto al passo importante che Toni e lei stanno per fare e il suo viso rivela la tristezza che le appesantisce l’animo mentre cinge le spalle del fratello in atteggiamento protettivo.

Giorgia vorrebbe dilatare ulteriormente il tempo che le resta da trascorrere con Toni, ma la strada per il centro, già breve di per sé, sembra volar via in un attimo, lasciandole a malapena lo spazio per uno sguardo lungo e silenzioso denso di quelle emozioni e quei sentimenti che solo due anime finalmente in sintonia riescono a trasmettersi anche senza parole.

Svoltando l’angolo del muraglione del porto, i due fratelli s’imbattono nel piantone che sorveglia l’ingresso della Stazione dei Carabinieri, appoggiato al portone ad osservare lo struscio serale con la sigaretta in bocca e l’aria annoiata di chi si trova a prestare servizio in una località turistica dove non accade mai nulla.

Se il giovane militare potesse immaginare che quei due ragazzi che chiedono del Maresciallo sono in realtà un sequestratore e il suo ostaggio, assumerebbe un atteggiamento sicuramente più professionale; invece, sorridendo con fare meravigliato, si rivolge ai due sconosciuti con un:

– Dovete parlargli proprio questa sera? Perché, sapete, il Maresciallo è fuori servizio, anzi in questo momento è sicuramente a pesca, chissà dove. Non potete dire a me? 

Alla risposta del militare, Giorgia tenta di tirare il fratello per il braccio nell’estremo tentativo di fargli cambiare idea, credendo di vedere nell’assenza del Maresciallo quasi un segno del destino, ma Toni le oppone una dolce resistenza e, serio in viso, risponde al carabiniere:

– In realtà sì, possiamo riferire anche a lei; credo però che il Maresciallo le sarà grato di averlo disturbato appena le riveleremo il motivo della nostra visita.

Un minuto dopo, seduto con Giorgia davanti alla scrivania della Stazione, Toni rivela la propria identità e quella della sorella e il motivo che lo ha portato sull’isola, lasciando di sasso il militare che, mettendo in pratica le istruzioni ricevute alla Scuola Allievi, intima ai due giovani di non muoversi di là e rintraccia immediatamente il suo superiore informandolo telefonicamente della cosa.

Nel volgere di un’ora, mentre Giorgia viene accompagnata al Poliambulatorio dell’isola e sottoposta agli accertamenti sanitari di rito, Toni rilascia al Maresciallo una completa deposizione, facendo il nome dei complici e fornendo indicazioni utili alla loro cattura.

Il Maresciallo Di Giorgio in un primo momento è restio a credere al fortuito incontro dei due giovani e al reale legame che li unisce, ma poi, profondamente colpito dalla spontaneità della denuncia e dal tiro che la sorte avrebbe giocato loro, ma anche dalla fortuna scaturita da un evento così drammatico, decide di ricongiungere i due fratelli non tanto per accertare senza ombra di dubbio la verità sul loro grado di parentela con un interrogatorio, ma per compiere un gesto di umanità verso due persone che si sono ritrovate dopo anni di separazione e che hanno il diritto di stare ancora un po’ assieme prima che la Giustizia faccia il suo corso.

Toccato profondamente da quella storia, non sarà lui – si dice – a separarli già da adesso, tanto più che in quel momento non vi è alcuna possibilità di effettuare la traduzione di una persona in stato di arresto dall’isola alla terraferma.

E’ sempre il Maresciallo a far mettere a disposizione di Giorgia il telefono della stanza accanto perché possa dare al padre la notizia della sua liberazione ed è ancora lui ad accorrere assieme a Toni al grido della ragazza che si accorge del malore del padre all’altro capo del filo.

Il Sottufficiale si attiva immediatamente facendo inviare un’ambulanza allo Stabilimento della Sunsystem e fa di tutto per confortare la giovane e farla sentire a suo agio in quell’ambiente militare. Accortosi però del suo stato di agitazione, decide di farla accompagnare presso la sua abitazione privata, pregando la moglie di prendersene cura e ospitarla per la notte.

Nel frattempo, con l’aiuto di Toni, il Maresciallo organizza la trappola per catturare gli altri rapitori, promettendo al giovane che, se collaborerà con loro consentendo la cattura dei complici, intercederà personalmente presso il Procuratore per fargli ottenere una riduzione di pena.

E’ notte fonda quando Toni si sistema sulla branda della camera di sicurezza della Stazione.

Per un po’ cerca d’immaginarsi il viso del padre di Giorgia, colpito al cuore da quella duplice notizia esaltante e sconvolgente al tempo stesso, e si sente un po’ responsabile verso quell’uomo che ancora non conosce.

Dalle stanze adiacenti gli giungono i rumori e le voci degli uomini del Maresciallo che si equipaggiano per la missione notturna e dopo un po’ anche i motori delle auto di servizio e della motovedetta che lascia l’ormeggio.

Con l’orgoglio di chi sa di essere nel giusto, Toni si abbandona finalmente ad un sonno ristoratore, rilassandosi come non gli capitava da un pezzo e riuscendo persino a cogliere l’ironia della sorte che, per la prima volta in vita sua, gli evita la paura di risvegliarsi con i carabinieri accanto al letto per il semplice fatto che si trova già in casa loro!

***

Alle prime luci dell’alba Toni viene destato dalle voci e dai rumori dei carabinieri di ritorno dalla missione notturna e, prima di venir avvertito dal piantone, capisce che a Cala Fonte non è avvenuto nulla di concreto. Lo informano però che la sorveglianza al rifugio continua in maniera discreta per terra e per mare nella speranza che prima o poi possa dare i suoi frutti.

Inutilmente Toni chiede di poter vedere la sorella che gli riferiscono essere sotto sedativi, per evitarle possibili contraccolpi emotivi per le condizioni di salute del padre. D’altra parte, nonostante il suo status di persona che collabora ad un’operazione di polizia, gli viene sottolineato che è pur sempre una persona in stato di fermo.

 

Carlo Bonlamperti

 [La gabbia di pietra (10) – Continua]

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