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1° Centenario della deportazione dei Libici a Ponza

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di Silverio Lamonica

 

Presso la sala parrocchiale della SS. Trinità, in Ponza, si è svolta ieri, 28 dicembre alle ore 18,30,  la commemorazione del 1° centenario dell’arrivo a Ponza dei deportati libici.

Sulle note di “Tripoli, bel suol d’amore” in versione originale (*), sono apparse sullo schermo foto e filmati d’epoca.

Ha introdotto i lavori Franco De Luca, il quale ha sottolineato l’importanza di tale rievocazione e delle commemorazioni in genere, perché sugli avvenimenti della storia noi abbiamo modellato e modelliamo i nostri comportamenti. Inoltre essi  arricchiscono il nostro patrimonio culturale.

Carlo Marcone ha quindi relazionato sulla sua esperienza di assessore comunale, quando, il 30 e 31 ottobre del 2002 si svolse a Ponza un convegno sui deportati libici, con la partecipazione di autorevoli rappresentanti di quella nazione, ora amica. In quell’occasione fu anche inaugurato un monumento ai libici morti per malattie e stenti nella nostra isola dal 1911 in poi, le vittime furono 33. In quella circostanza il rappresentante libico riferì che il 26 ottobre di ogni anno nella sua patria è giornata di lutto nazionale. I libici mostrarono, comunque, profonda gratitudine all’Amministrazione comunale isolana per aver eretto quel monumento su cui sono incisi i nomi dei deportati di quella nazione morti a Ponza.

Gino Usai ha rilevato che nell’anno in cui fu attaccata la Libia, 1911, si celebrava il cinquantenario dell’unità nazionale. Quindi quell’attacco aveva una notevole valenza retorica, cui diede un impulso determinante la stampa nazionale assieme ai più noti intellettuali dell’epoca: da Marinetti che dal fronte inviava ai giornali le sue corrispondenze a dir poco truculente: “La guerra unica igiene del mondo” e “spero di tirare su qualche testa di turco” (bell’idea di Futurismo, movimento artistico-letterario di  cui Marinetti era tra i fondatori), a Gabriele D’Annunzio, al ‘mite’  Giovanni Pascoli!

Solo il partito socialista avversava in modo fermo quella guerra, e a capo delle manifestazioni c’erano due giovani militanti: Pietro Nenni e Benito Mussolini, allora accomunati da un unico ideale, ma alcuni anni dopo le loro strade si divisero: Nenni rimase socialista. Perseguitato dal fascismo, riparò in Francia; partecipò alla guerra civile di Spagna e poi alla Resistenza in Italia; fu quindi tra i Padri Costituenti della nostra Repubblica. Mussolini, invece, abiurato il passato ‘socialista’, fu il fondatore del fascismo e, negli anni a seguire, principale propugnatore della politica imperialista e colonialista dell’Italia. Alla caduta del regime, il 25 luglio del ’43, il destino riunì ancora una volta le loro strade, proprio su questa nostra isola. Il 28 luglio 1943 Nenni, dalla sua dimora sul Canalone, dove era ‘confinato politico’ osservava col binocolo il vecchio compagno di tante battaglie politiche, anch’egli ora ‘deportato’ a Ponza, asciugarsi con un fazzoletto la fronte bagnata dal sudore.

Prima dell’arrivo dei libici, il prefetto di Caserta ordinò lo sgombero dei coatti da Ponza, per far posto ai nuovi venuti. La nostra isola fu dichiarata: Stazione sanitaria di quarantena. Qui i libici soggiornavano nei cameroni, (ex scuola media e ora museo), e nell’ex infermeria (ora ristrutturata e occupata dalla Guardia di Finanza) e dopo alcuni giorni venivano smistati a Favignana, Ustica e Le Tremiti.

Allora le condizioni igieniche isolane lasciavano alquanto a desiderare, come ha riferito, da medico, Gennaro Di Fazio, il quale ha illustrato le malattie che in quell’epoca imperversavano: la TBC, la “tigna”, grave affezione della pelle, la dissenteria, l’artrite e alcune malattie veneree, proprio aggravate dalla grave carenza di igiene, il tracoma, grave malattia oculare, i vermi. Proprio per migliorare le condizioni igieniche dell’isola che li ospitava, alcuni di loro furono reclutati come spazzini dal sindaco dell’epoca.

Dopo un breve intervento di Domenico Scotti che ha illustrato alcune pubblicazioni relative ai convegni avvenuti in proposito a Favignana, Ustica e Ponza, Anna Maria Onorato, studentessa di lingua e cultura berbera presso l’Università Orientale di Napoli ha letto, in lingua araba, i nomi dei caduti libici a Ponza e sulle note del Silenzio eseguite da Giuliano Vitello alla tromba, si è conclusa la commemorazione  di grande significato culturale e morale.

Ponzaracconta, con questa manifestazione, ha cercato di rimediare al mancato coinvolgimento della popolazione e delle scuole in occasione del convegno sulla deportazione libica, svoltosi nella nostra isola nove anni fa.

 

Silverio Lamonica

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(*) – “Tripoli, bel suol d’amor”. La canzone, del 1911, glorifica l’impresa coloniale italiana in Libia. Gea della Garisenda, all’alba dell’impresa coloniale, la cantò avvolta solamente da un tricolore sabaudo.

Alessandra Drudi, celebrata anche da D’Annunzio che le attribuì il nome d’arte di ‘Gea della Garisenda’ (*), nota soubrette dell’epoca, raggiunse la fama proprio con “Tripoli bel suol d’amore”; divenne poi moglie del senatore Teresio Borsalino, fondatore dell’omonima fabbrica di cappelli.

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