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Santa Caterina

di Gino Usai

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Denis Calvaert, Martirio di S. Caterina d’Alessandria, Cesena

Oggi, 25 Novembre, ricorre la festa di S. Caterina d’Alessandria d’Egitto, da non confondere  con la più nota S. Caterina da Siena (1347-1380), che si festeggia il 29 Aprile.

Caterina è una bella diciottenne cristiana, figlia di nobili e vive ad Alessandria d’Egitto. Qui, nel 305, arriva Massimino Daia, nominato governatore di Egitto e Siria. Per l’occasione si celebrano feste grandiose, che includono anche il sacrificio di animali alle divinità pagane. Un atto obbligatorio per tutti i sudditi, e quindi anche per i cristiani, ancora perseguitati. Caterina si presenta a Massimino, invitandolo a riconoscere invece Gesù Cristo come redentore dell’umanità, e rifiutando il sacrificio.

Massimino allora convoca un gruppo di intellettuali alessandrini, perché la convincano a venerare gli dèi. Ma è invece Caterina che convince loro a farsi cristiani. Per questa conversione così pronta, Massimino li fa uccidere tutti, poi richiama Caterina e le propone addirittura il matrimonio. Nuovo rifiuto, sempre rifiuti, finché il governatore la condanna a una morte orribile: una grande ruota dentata farà strazio del suo corpo.
Un nuovo miracolo salva la giovane, che poi viene decapitata: ma gli angeli portano miracolosamente il suo corpo da Alessandria fino al Sinai, dove ancora oggi l’altura vicina a Gebel Musa (Montagna di Mosè) si chiama Gebel Katherin. Questo avviene il 24-25 novembre 305.

A una biografia così poco attendibile risponde un culto assai diffuso in Occidente. La sua immagine è raffigurata nella basilica romana di San Lorenzo, in una pittura dell’VIII secolo; a Napoli (sec. X-XI) nelle catacombe di San Gennaro, e più tardi in molte parti d’Italia, così come in Francia e nell’Europa centro-settentrionale; (da “Famiglia Cristiana” Online).

Questa giornata per i ponzesi è (era) importante, perché è considerata una sorta di vedetta meteorologica, in quanto ci dice in anticipo che tempo farà a Natale. Infatti il motto popolare recita:

“Comme catarenéa, accussì nataléa”

L’esperienza popolare ha portato a coniare questo motto secondo cui  il tempo meteorologico del 25 Novembre si ripete identico il 25 Dicembre. E siccome oggi è,sostanzialmente, una bella giornata, sappiamo già che  a Natale avremo buon tempo. Staremo a vedere, se ci fosse ancora bisogno di conferma. Vedere per credere! Ma se non sarà così, non prendiamocela con S. Caterina, piuttosto con i cambiamenti climatici che stanno alterando antichi equilibri e consolidate certezze.

I ponzesi erano molto devoti a S. Caterina, alla quale rivolgevano la seguente preghiera:

“Santa Catarina

Si facette la festa di Maria e Catarina ci vulette anda’.

Si mettette la chiù vesta bona ca teneva e dicette: “Io mi voglio cunfessa’ e cummunica’”.

Dint’a chiesa nun puteva trasi’. Tanto ca facette, tanto ca vutaje e tanto ca giraje, dint’a chiesa trasette.

Acqua santa nun se ne pigliaje. Si jette a ‘nginucchia’ a’ piedi a lu cunfessore: “Padre, je songo 33 anni da peccato”.

Lu cunfessore s’avutaje a Maria: “O Maria, ci sta ‘na peccatricia grande, da 33 anni da peccare!”

Maria s’avota a lu figlio: “O Figliu, fallo pe’ quantu latte t’aggio dato: ci sta ‘na peccatricia grande, da 33 anni da pecca’!”

“Lasciatela cunfessa’ e cummunica’, ca chella è ‘na peccatricia, Dio ha offeso!”

Catarina se cunfessaje e se cummunicaje e steva ‘nginucchiata a piede all’altare. Assummaje ‘nu cavaliere da fore: “O Catarina, jammuncenne a tavula a mangia’.”

Chillu pane ca tagliava era senza ‘ncummencia’.

“O, chi è venuta in casa mia, chesta è la vera figlia di Maria! O, Catarina, jammuncenne a letto a riposare”.

Lu Cristo se partette ‘ ‘nanzi e si jette a mettere a capo ‘u crucifisso.”

Questa specie di preghiera venne raccolta dalla viva voce della signora D’Atri Maria Concetta, di 82 anni, dai miei studenti dell’ Istituto Tecnico “G. Filangieri” di Ponza quando vi insegnavo  nel lontano anno scolastico 1984-85.  Stavamo studiando la letteratura italiana del Duecento ed io proposi di fare una ricerca sul territorio per scoprire affinità tra la cultura religiosa popolare e la letteratura religiosa umbra, con particolare riferimento a Tommaso da Celano e a Jacopone da Todi. Si trattava di dividersi in gruppo e andare nelle case e intervistare le persone anziane. I ragazzi si fecero prendere dall’entusiasmo e muniti di carta, penna e registratori batterono tutta l’isola, o quasi. Al termine del lavoro mi presentarono delle perle meravigliose di cultura popolare, accompagnate da una bella relazione dove tra l’altro si leggeva: “Intervistando gli anziani della nostra isola, soprattutto coloro che sfiorano il secolo di età, abbiamo potuto scoprire un patrimonio inestimabile di tradizioni e di esperienze di vita passata di cui ignoravamo l’esistenza (…) Dai racconti, le storielle e le canzoni antiche che le nostre vecchiette ci hanno forniti  abbiamo scoperto come il popolo modifica a modo suo opere e componimenti dei grandi poeti, come ad esempio il “Dies Irae” di Tommaso da Celano, che ha dato vita ai famosi “Diasilli” in dialetto ponzese. Ponza ha infatti interpretato con perfetta variazione alcuni componimenti letterari.

E’ stato molto divertente  per noi scoprirle ed ascoltarle queste variazioni e constatare che anche le nostre nonnine sono venute e conoscenza, in qualche modo, della grande letteratura.

Le nostre intenzioni nel dedicarci in modo impegnativo a questo interessante lavoro di raccolta di cultura popolare sono quelle di far conoscere alle generazioni presenti e future il patrimonio culturale di cui disponiamo di cui non sempre apprezziamo il valore.”

Questa ricerca venne fatta dal gruppetto composto da Lucia Anna Mazzella, Fontana Giovanna, Capone Silvia, Romano Eva, Assenso Giovanna e Cammarota Pasqualina, che sento ancora il dovere di ringraziare di cuore, per aver recuperato preziosi frammenti di cultura popolare.

Gino Usai