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Allora… Dove si va?

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di Polina Ambrosino

 

Polina  Ambrosino risponde con un lungo commento all’articolo inviato il 29 ottobre u.s. da Sandro Vitiello dal titolo “Dove si va?” (Leggi qui [2]).

La Redazione

 

Vorrei tanto poter dire al Sig. Sandro Vitiello che ha torto e che ciò che dice non è assolutamente vero. Purtroppo, invece, ha pienamente ragione. Su tutto. Condivido il suo stato d’animo, la sua preoccupazione e l’opinione che ha sull’atteggiamento che troppi nostri concittadini hanno riguardo la situazione che l’isola vive. A Ponza manca una cosa fondamentale nella vita dei singoli e della società: la consapevolezza. Finora non si è avuta la consapevolezza che Ponza ha un enorme patrimonio culturale che è stato brutalmente offeso e reso inutilizzabile in molti casi, in altri banalizzato (es.: le necropoli, gli acquedotti, le cisterne, i pavimenti romani, ecc… ecc…); è mancata la consapevolezza della memoria storica: non un Archivio, né una Biblioteca, né un Museo dove poter disporre di una mole di documenti, che pure esistono, che testimoniano il nostro passato, ricco, ricchissimo di storia; gli anziani non vengono interpellati per poter mettere su carta le loro incredibili conoscenze che un domani potrebbero essere di grande interesse e fare da monito alle future generazioni; non c’è consapevolezza dell’importanza che ogni singola persona ha, nel bene e nel male, nella vita dell’isola. Ogni ponzese è un’isola a sé. Fermamente convinto che qualunque cosa accada, poi niente cambia, non si preoccupa di niente veramente, se non del quotidiano: “Damme primme e damme uosse”… Non è vero che certe antiche convinzioni sono giuste solo perchè sono antiche. Se l’uomo della pietra avesse avuto paura del fuoco, noi mangeremmo ancora cibi crudi. Ma insomma… Nulla ci scuote, nemmeno questi tempi così tristi. Ma ci pensiamo che siamo sempre meno e per questo motivo ci chiudono le scuole, ci tolgono le navi, ci toglieranno pure quei pochi medici che mensilmente vengono?

Ogni tanto sento qualcuno parlare bene di Ventotene… Ma la vogliamo smettere di invidiare un’isola che da dieci anni ha una sola classe di alunni di età diverse, “tutti insieme appassionatamente”? Un’isola che non ha un prete fisso, che d’inverno conta scarsi 300 abitanti… Ma davvero vogliamo diventare come Ventotene?? Io non lo vorrei mai!! Sono stati furbi, invece, i Ventotenesi, a vendere la loro immagine: hanno un museo attrezzato, hanno recintato le quattro pietre di Villa Giulia e ogni tanto qualche scolaresca va a visitarle… Hanno scelto la formula del parco marino, che ha fatto arrivare di certo molti fondi, ma perchè? Ma perchè a Ventotene non c’è più nessuno che va a pesca, non c’è nessuno a cui interessi avere determinati spazi come invece succede a Ponza… Insomma, loro, i Ventotenesi che da ormai 30 anni sono emigrati in massa dall’isola, hanno fatto bene i loro conti: aprono a Pasqua e chiudono a Santa Candida, hanno messo su alcune attività prettamente turistiche, hanno costruito un ospizio per i vecchi che non se ne vogliono andare, hanno messo su il Museo e la Villa Giulia per essere credibili culturalmente, e serenamente chiudono baracca e burattini ogni anno. Che ci sia parco marino, che ci sia una pluriclasse per le elementari e una per le medie, per quei pochi bambini indigeni figli di ventotenesi ancora attaccati allo scoglio, a loro poco importa. Importa che da Pasqua a settembre l’isola risuscita. Ventotene d’inverno non esiste e questo noi ponzesi non vogliamo vederlo. Ci attacchiamo all’aliscafo che a Ventotene ci va, ci attacchiamo alle cose scritte sui giornali…

Se non vogliamo finire come Ventotene, se non vogliamo che a Ponza si contino 300 residenti dai 60 anni in su, capiamo una buona volta che occorre essere consapevoli, sia delle nostre ricchezze, che possono salvarci dal baratro, che delle nostre mancanze, che vanno conosciute e curate.

Ponza è un ammalato grave che ha davanti a sé un bivio: o noi ponzesi, da buoni figli, guardiamo in faccia la malattia di questa nostra madre, che noi abbiamo causato, e proviamo seriamente a correggerci, oppure facciamo come quei figli snaturati che, davanti ad una difficile situazione, pensano solo a se stessi e lasciano che la loro madre muoia in attesa dell’eredità. Stavolta, però, si sappia, che se la madre muore, sarà come Sansone e ci porterà tutti con sé. Non ci sarà nessun futuro, perchè ce lo ruberanno persone che verranno in massa a prendersi ciò che noi abbiamo lasciato morire, cambieranno la nostra isola a loro immagine e noi diverremo ospiti in quella che una volta era la nostra casa. Se non capiamo che dobbiamo guarire dalla nostra innata presunzione, dalla nostra faciloneria e dall’inconsapevolezza, i ponzesi non esisteranno più.

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Polina Ambrosino