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Orgoglio ponzese

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di Luisa Guarino

 

Ci sono lutti più lunghi di altri da elaborare, e mi sto rendendo conto che per me quello del 17 settembre a Ponza è ferocemente vivo e avrà bisogno di tempi lunghissimi. Se mai riuscirò a metabolizzarlo. Il fatto è che in questa tristissima vicenda, attesa, prevista e prevedibile, per molti versi liberatoria, siamo tutti coinvolti, siamo tutti conniventi.

Quando ero adolescente, pur vivendo in territorio pontino (San Felice Circeo, Sermoneta, Latina stessa) con i miei compagni di scuola quasi mi vergognavo di essere nata a Ponza: non la conosceva nessuno… Poi un giorno d’estate, parlando con una persona, a Ponza naturalmente, la mia mente si è aperta a scenari nuovi. “Sono capaci tutti – mi ha detto un amico ‘forestiero’ – a nascere a Roma, Napoli, Milano. Tu sei e resterai sempre tra i pochi che sono nati in quest’isola: devi esserne orgogliosa”. Da quel giorno ho capito, e lo sono stata. Anche perché i miei genitori, ponzesi a loro volta, avevano voluto fortemente che io nascessi qui: basti pensare che all’epoca vivevano in provincia di Como, a Carate Urio, proprio sul lago. Mia madre, con il suo carico di pancione, ottimismo e amore per l’isola, ha raggiunto nonna Fortunata e zia Concettina a Ponza, dove tra le accoglienti braccia di ‘Riccetta’ a fine luglio sono nata io. E dopo quasi due anni, con lo stesso percorso e lo stesso amore, mio fratello Silverio.

Orgoglio ponzese. E quest’orgoglio non deve venire meno neanche ora, dopo quell’orribile 17 settembre, che ci ha fatto conoscere anche a quegli sparuti angoli d’Italia che forse ancora non sapevano della nostra esistenza. Esperienza devastante. Che mi ha annichilito, tant’è vero che da quel giorno non sono riuscita a scrivere più un rigo su questo sito che amo tanto, e che è una parte di me, di tutti noi. Il dolore non è passato e non passerà. Perché ogni giorno si fa più nitida l’idea delle nostre colpe, le colpe di tutti, nessuno escluso. Per quando abbiamo abbassato la testa, facendo finta di non vedere, di non sapere; per quando abbiamo sorriso condiscendenti sentendo il racconto di episodi e vicende assurde: tanto, Ponza è Ponza, lo hanno scritto anche i giornali. Che ci hanno definito tra l’altro ‘l’isola dei filibustieri’. Ma certe ‘uscite’ di amministratori, politici, funzionari, non dovevano farci sorridere: di fronte ad esse ci saremmo dovuti indignare, dire ‘basta’. Non siamo a Zelig, Colorado o Scherzi a parte: è la vita, la vita di una comunità, la vita di noi tutti. E abbiamo sempre taciuto: per quieto vivere, per menefreghismo, per egoismo. Oggi a me, domani a te. Quando di vive a così stretto contatto, e ci si conosce tutti, e si è abituati a persone “forti con i deboli e deboli con i forti”, può succedere di tutto. Inchieste e indagini danno fastidio, le forze dell’ordine sono a mala pena tollerate, con quel che segue. Ma, lo ripeto, la colpa è di tutti noi. Siamo tutti conniventi. Detesto la retorica ma voglio credere che quel 17 settembre sia uno spartiacque per la mia comunità isolana. Tante volte ci siamo trovati a parlare, e a criticare l’operato di questo o quello, dall’amministratore al vicino di casa: loro ‘i cattivi’ e noi ‘i buoni’. Ma possibile che ‘i cattivi’ debbano sempre averla vinta? E quanto della nostra ‘bontà’ è fatta invece di ignavia, condiscendenza, servilismo, pressapochismo?

Orgoglio ponzese. Cerchiamo di ritrovarlo. Non solo quando siamo lontani. Non solo quando ci scappa la lacrimuccia. In modo concreto e fattivo. Trovando il coraggio che finora non abbiamo avuto. Soprattutto insieme.

 

Luisa Guarino