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Ponza. Impianti idraulici romani (8)

di Leonardo Lombardi

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Le cisterne e i pozzi (seconda parte)

Per la prima parte, su questo stesso tema: leggi qui  [1]

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Purtroppo non tutte le cisterne sono perlustrabili e molte di quelle ancora osservabili sono parzialmente distrutte specialmente nella parte frontale. Per alcune, dalla bibliografia e da documenti inediti, è stato possibile ricavare le planimetrie (figg. 25-26) . Sarebbe interessante completare lo studio rilevando sia topograficamente che archeologicamente le altre cisterne, per ricomporre questo patrimonio storico e, possibilmente, renderlo fruibile.

Non disponendo degli elementi necessari per descrivere tutte le cisterne, in attesa di uno studio più completo e dettagliato, si può affermare che esse erano ubicate sui fianchi dei rilievi, scavate nella roccia, risparmiando nello scavo grandi pilastri di sostegno della volta e completate con una parete frontale in muratura. Era proprio in corrispondenza di questa parete di tamponatura che erano posti l’allaccio alle fistole e lo scarico di troppo pieno e, a giudicare dalle cisterne meglio conservate, anche il canale adduttore di alimentazione.

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Fig. 25 – Planimetria cisterne (vedi tab. 2)

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Fig. 26 – Planimetria cisterne

Alcune considerazioni tecniche sono possibili sulla cisterna della Dragonara (n. 20) e sulla Grotta del Serpente (n. 27).

Nella Dragonara si accede attraverso una scala di manutenzione che raggiunge il fondo della conserva; sulla parete di valle sono osservabili il condotto di alimentazione, lo scarico di troppo pieno e, quasi sul fondo, l’apertura per l’uscita dell’acqua, cui doveva essere collegata una fistola. La cisterna è pilastrata e mostra il caratteristico rivestimento in coccio pesto con i cordoni agli angoli. II volume utile della Dragonara raggiunge i 3300 m3 per cui si può ipotizzare che potesse immagazzinare molto di più (25), circa 6.000 m3 , e dovesse quindi avere un bacino di alimentazione di circa due ettari (20.000 m2, con una piovosità di mm 650 e un coefficiente di scorrimento del 5O%). La Dragonara, tra tutte le cisterne di Ponza (escludendo quelle utilizzate ancora dal Comune per l’acquedotto, dello stato delle quali si sa poco), è quella meglio conservata anche se recentemente è stata alterata con una costruzione abusiva che ha parzialmente ostruito la scala di accesso.

La Grotta del Serpente, il cui accesso attuale è lungo la strada tra Santa Maria e Le Forna, è ubicata su un dosso di un rilievo collinare. La parte lungo strada è totalmente costruita per una profondità di una decina di metri, mentre la parte più interna è scavata nella collina. Nella parte frontale si può ancora osservare il foro di entrata dell’acqua. In questa cisterna non sono visibili né lo scarico di troppo pieno né l’uscita, che doveva essere collegata a una tubazione in piombo della quale fu trovato un lungo tratto (Tricoli 1855, p. 23) . L’unica zona ove potevano essere localizzate le strutture di presa e di troppo pieno non può che essere quella verso la strada, cioè nella zona morfologicamente a valle della cisterna stessa. A quota più bassa della Grotta del Serpente, sotto di essa e poco a sud, si hanno altre cavità rivestite in coccio pesto tra le quali un canale ipogeo che si dirige verso la Grotta del Serpente dalla quale dista una decina di metri. Entro la cisterna, al piede di un’apertura posizionata all’altezza dell’imposta della volta, certamente l’apertura di alimentazione, è presente un vano, di 3m x 3m, le cui pareti sono più basse dell’altezza dell’imposta della volta, altezza che raggiungeva l’acqua a cisterna piena. La vasca formata da queste pareti, separata dal resto della cisterna, presumibilmente aveva la funzione di piscina limarla per il trattenimento e deposito del materiale trascinato dall’acqua e, inoltre, da vasca di dissipazione dell’energia del flusso proveniente dalla apertura citata. È  molto probabile che la cisterna fosse alimentata da un canale, a sua volta connesso a un fosso sbarrato da una traversa. La posizione morfologica della cisterna, posta su un dosso e non in un impluvio, avrebbe reso difficile, se non impossibile, il suo riempimento senza un’opera di canalizzazione di acque provenienti da un bacino imbrifero distante dalla cisterna. La capacità della cisterna, almeno per la porzione visibile, raggiunge i 3000 m3 per cui, in base a quanto già notato per la Dragonara, la sua capacità reale poteva raggiungere i 6000 m3.

Per le cisterne di cui si dispone della planimetria si possono avanzare ipotesi di capacità, attribuendo un’altezza media di m 4-5 di acqua a tutte le conserve. Per le altre si può stimare un volume approssimato in base alle informazioni ricavate dalla bibliografia.

Nota 26 – II ‘troppo pieno’ delle cisterne più alte in quota è possibile alimentasse le più basse, confermando la tesi di Coppa.

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Fig. 27 – Pozzo per acqua sovrastante una cisterna. Pozzo Feola

La Tab. 3 mostra come molte cisterne alimentassero. direttamente o indirettamente (26), le infrastrutture portuali, mentre altre sembra fossero destinate alle ville di cui si sono rinvenute le tracce a Punta della Madonna, Sant’Antonio (sia in destra idrografica che in sinistra del fosso), Santa Maria e, forse, nella vallecola prima di Giancos.

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Tab. 3 – Utenze servite dalle cisterne e volumi delle conserve

In merito all’ipotesi di Coppa, relativamente alla connessione idraulica tra diverse cisterne, si ritiene che tale idea sia convalidata, almeno in parte, dalle informazioni raccolte sul posto e dai rilievi effettuati. Nella zona della Dragonara le cisterne case popolari, Dragonara e Canneto erano collegate tra loro; dalla Canneto una galleria raggiunge la zona costiera di Sant’Antonio ed è ancora oggi intercettata da pozzi che pescano direttamente nella galleria.

La stessa cosa avviene nella zona a valle di via Pisacane (Colonna e Grano) ove esistevano (una ancora si vede) varie diramazioni in galleria che raggiungevano l’area portuale o, quanto meno, aree prossime alla battigia.

Anche nelle immediate vicinanze del porto attuale, la serie di cisterne degli Scotti sono tra loro collegate attraverso un cunicolo le cui tracce si perdono nella zona edificata. Infine le cisterne di Punta della Madonna sembrano essere collegate tra loro, mentre nella piccola cisterna sulla banchina (n. 14) entra un lungo cunicolo che proviene da sud, presumibilmente dalle cisterne superiori.

La necessità  di collegare tra loro le cisterne potrebbe essere attribuita al fatto che la maggior parte dell’acqua serviva le aree portuali. Più cisterne che sfruttavano differenti aree di alimentazione consentivano un accumulo maggiore senza dover realizzare conserve enormi. Le gallerie e i cunicoli che raggiungevano le aree portuali sono da attribuirsi a gallerie di servizio nelle quali erano alloggiate le tubazioni in piombo, sistema adottato al fine di proteggere i tubi e consentire le frequenti riparazioni e la manutenzione ordinaria. Questa tecnica è stata verificata in grandi e piccoli monumenti (27).

Nota 27 – Cfr. Lombardi e  Corazza (1995) e Corazza e Lombardi (in corso di  stampa) sull’impianto idraulico del Colosseo

Accanto alle cisterne erano in atto in epoca romana, ma anche in epoca borbonica e fino a pochi decenni orsono, numerosi pozzi per l’alimentazione idrica delta popolazione. Alcuni dei pozzi utilizzati in epoca recente forse coincidono con pozzi di epoca romana o, quantomeno, sono collegati a cunicoli e strutture idrauliche romane. Alcuni sono ancora perfettamente osservabili (fig. 27).

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 Tab. 4 – Elenco pozzi

 

Leonardo Lombardi

[Le cisterne e i pozzi (seconda parte) – Fine]

 

Nel prossimo articolo: La diga di Giancos