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Vocaboli marinareschi

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Segue lettera C

 

Cantiére

– cantiere s.m. Stabilimento, zona, destinato alla costruzione e alla riparazione dei natanti.

Cantuffe i sceròcche

– afoso agg. Canicolare, asfissiante, opprimente. Che dà afa, si dice per i meriggi torridi e soffocanti. L’ho sentito, questo termine, per la prima volta in vita mia, all’età di ottant’anni, in due giorni diversi e da persone diverse. Non è mai troppo tardi. Il caldo e la afosità eccessivi di questa estate l’hanno fatto partorire. Ieri l’ha detto
Patalano, quasi settantenne, pescatore di felloni e quindi amico, oggi l’ho sentito ripetere da Francuccio, trentenne e mi ha fatto più piacere.

Canuse

– zigrino s.m. Etmopterus spinax, della famiglia degli squaloidi. Lo si vende, quasi sempre, spellato e senza testa, per gattuccio ma non ha le qualità culinarie dello stesso.

Canuttiére

– canottiere, s.m. Colui che esercita la voga. s.f. maglietta intima.

Capà

– scegliere v. Selezionare i pesci, uno per uno, per metterliin una cassa in un determinato modo.

Capegnàtte

– capopiatto s.m. Haxansus griseus, anch’esso squaloide. Si pescava a grosse profondità con la coffa il cui filacciolo che teneva legato il grosso amo era avvolto da una
spirale di rame per evitare la rosicatura del filo. Sono state pescate prede che raggiungevano i cinque quintali di peso.

Capejarse

– scorfano di fondale s.f. Helicolenus dactylopterus, della famiglia degli scorfanidae. Ha occhi e bocca molto grandi. Vive in un mare profondo. Si pesca assieme alle pezzogne
con il bolentino. Ha carni saporite e idonee al sugo per i vermicelli.

Capennugle

– capodoglio s.m. Phiseter macrocephalus. Grosso cetaceo, il cui maschio può misurare anche 25 metri mentre la lunghezza della femmina si ferma alla metà. La sua
presenza nei nostri mari è frequente.

Caperòte

– ruota s.m. Prolungamento del dritto di prua, che si erge dall’estremità della chiglia, per formare la prua.

Capetèste

– capotesta s.m Principio o inizio di un attrezzo calato a mare.

Capetià

– capovolgere v. Rovesciarsi.

Capetiate

– girata s.f. Giravolta, voltata che si fa in uno specchio d’acqua limitato.

Capeture

– gavitello s.f. Galleggiante, grippiale di profondità, che si legava alla cima della nassa ad una determinata altezza dal fondo per tenerla tesa in modo tale che non si
impigliasse tra gli scogli sotto l’azione della corrente marina.

Capezzone

– tracina s.m. Trachinus draco. Il fondo sabbioso di Ponza è ricco di questi esemplari. Sono molto pericolosi per le spine di cui hanno cosparso il corpo. Se si viene punto sono scintille. Solo una spruzzata di ammoniaca riesce a lenire il dolore.

Capitanèrje

– capitaneria, s.m. Ufficio marittimo. Si distingue in Compartimento che rappresenta la zona in cui è diviso il litorale. Ad ogni Compartimento è preposto un ufficiale superiore. Nel Circomare che rappresenta un settore del Compartimento e a capo del quale è destinato un ufficiale ed infine nel Locamare, ufficio di un piccolo porto, comandato
da un sottufficiale.

Capitàne

– capitano s.m. Con il titolo di capitano vengono designate tutte quelle persone che hanno il comando di una qualsiasi nave.

Capitone

– anguilla s.m. Anguilla anguilla, degli anguillidi. E un pesce che su alcune piazze e in determinati periodi raggiunge un prezzo incredibile. Il trasporto avveniva con le
“mbrucchiélle”, il bastimento vivaio. I bastimenti venivano tirati in secco per sistemare all’interno della stiva una rete metallica che aveva lo scopo di tappare i buchi per non farli uscire e di consentire contemporaneamente il ricambio dell’acqua.
L’acqua stagnante era sinonimo di morte per cui quando li si caricava e si partiva con qualsiasi tempo. Anzi si auspicava il tempo pessimo. Una volta, quando si raccoglieva
e si faceva uso dell’acqua piovana, si metteva il capitone nella cisterna perché distruggesse gli insetti che vi si producevano.

Capobarche

– capobarca s.m. Titolo che viene conferito agli iscritti tra la gente di mare che, dopo un periodo di esercizio, si dimostrano capaci di comandare barche, non superiori ad un
certo tonnellaggio, destinate alla pesca o al piccolo traffico.

Capone

– capone s.m. Grosso bozzello a carrucola tripla che si tiene legato all’albero di prua per essere usato per posizionare l’ancora, sia di dritta che di sinistra, una volta salpata da
cui la espressione caponare l’ancora. Quando l’ancora levata dal fondo arriva al livello del mare, viene agganciata con questo paranco, lateralmente alla prua, dove dovrà essere sistemata, strettamente legata affinché non si muova durante la navigazione. Con il termine capone si indica anche un tipo di scorfano: il capone lira, Trigla lyra.

Càppe

– cappa, s.f. Così viene definita l’andatura che una nave è costretta a prendere per affrontare, con il minimo danno, un temporale. In questi casi, la nave, riducendo al minimo la velocità, che deve sempre consentire la governabilità, fa rotta per ricevere i marosi su uno dei lati della prua, a mascone. Con il termine “cappe” si indicano anche tutte le coperture di tela, semplice o cerata, che si usano per coprire boccaporti o
qualsiasi strumento.

Cappeggià

– cappeggiare v. Navigare alla cappa.

Cappellòtte

– seppiola s.m. Piccola seppia che vive nel fango. Viene pescata dalle reti a strascico. La si usa come esca nella pesca dei saraghi, innescando gli ami della coffa, e nella pesca delle pezzogne innescando il bolentino.

Capuzzàte

– capata s.f. Colpo dato con la prua.

Carabbùttine

– carabottino s.m. Coperchio per la chiusura dei boccaporti creati per lasciare il passaggio dell’aria per i locali sottostanti.

Carànfe

– cavità s.f. Anfratto, rientranza, incavatura lungo la costa o tra gli scogli.

Carbuniére

– carboniera s.f. Sulle navi a vapore si chiamavano i locali destinati a contenere la provvista di carbone. Con tale termine venivano designate anche le navi da carico
che trasportavano carbone o altro materiale.

Carcagnuole

– calcagnuolo s.m. Nell’ossatura della nave è il perno, ad angolo retto, che unisce la chiglia con il dritto di poppa.

Cardogne

– scorfanetto s.f. Scorpanea lopper, degli scopraenidae. Pur essendo ricco di aculei pericolosi e di spine ha carni saporite per cui è molto richiesto.

Càrecà

– caricare v. Imbarcare, mettere a bordo le merci da trasportare.

Càreche

– carico s.m. Il complesso della merce imbarcata.

Carenà

– carenare v. Inclinare con mezzi artificiali un natante, prima su un fianco e poi sull’altro, allo scopo di pulire la carena o per fare qualche piccola riparazione.
A Ponza la carenature per i piccoli bastimenti in legno avveniva lungo l’attuale molo Musco. La prima operazione era quella di sbandare, il più possibile, la barca con pesi lungo la murata. Poi entrava in azione un paranco fissato, da un lato, alla cima dell’albero e dall’altro ad uno degli anelli per l’ormeggio, sistemato lungo la banchina,
a circa un metro sul livello del mare. Tirando la cima del paranco la barca sbandava maggiormente fino a portare la chiglia a livello della superficie marina. Quindi si provvedeva alla pulizia della carena togliendo le erbe e i diénte i cane ( balani, dentali, molluschi che crescono sulle carene) e successivamente si dava una mano di sottomarino. Il giorno seguente la stessa operazione veniva ripetuta per l’altra fiancata.

 

Caréne

– carena s.f. Quella parte dello scafo che normalmente è immersa. Si può definire anche opera viva. Scogliera sottomarina, na caréne i scògle.

Carpentiére

– carpentiere s.m. Operaio specializzato nella lavorazione del legno, maestro d’ascia

Carrètte

– carretta s.f. Epiteto che veniva, e viene, affibbiato alle navi stravecchie e poco veloci.

Càrte

– carta s.f. Il complesso delle carte nautiche che sono in dotazione della nave.

Carteggià

– carteggiare v. Il lavoro che si compie sulle carte nautiche per preparare la rotta e seguirla nel suo svolgimento.

Caruliate

– cariato agg. Tarlato

Caruvàne

– carovana s.f. Il complesso di operai che lavorano in un porto per caricare e scaricare le navi.

Casamatte

– casamatta s.f. Locale situato in coperta destinato a contenere materiale di consumo e di dotazione della nave. E’ talmente resistente che sul tetto vengono sistemati due verricelli con due tralicci per i bighi. I verricelli e i bighi lavorano contemporaneamente,  all’americana.

Casce

– cassa s.f. Baule

Casse

– gassa s.f. Occhio che si forma ad una corda, anche d’acciaio. Può essere fatta con un nodo particolare che non si stringe e quindi facilmente scioglibile oppure con una
impiombatura.

Càssere

– cassero s.m. Ponte parziale che si eleva a poppa e al centro delle navi. Quello di prua è il castello.

Castagne

– castagna s.f. Leva per frenare automaticamente il salpancora a mano e non permettere il ritorno.

Castaullàre

– castardellare s.f. Rete per pescare i castardelli che molti studiosi chiamano costardelli. Il castardello è lo scomberesox saurus, della famiglia dei
scomberesodici. Ha carni molto saporite.La sua morte è fritto in olio bollentissimo ed è anche appetitoso cotto in acqua con qualche pomodorino e un po’ di origano. Eccellente sott’olio, superiore a tutti gli altri. La sua pesca è finita. Ti rimane
solo l’acquolina in bocca quando si parla di questo pesce che ha rappresentato, per anni, una ricchezza per il paese. Gli veniva dedicata una stagione di pesca. Il castardello è un pesce migratore. Il componente principale per questa attività era la “fère”, il delfino che, ghiotta di questi pesci, li cercava, li inseguiva, li bloccava e li accerchiava per potersi sfamare. Nella stagione di transito il delfino era sempre in cerca dei
castardelli e così le barche, che si mettevano in cammino alle prime luci dell’alba, cercavano il delfino seguendolo fino a quando non li circondava. Quando la “fère” faceva menale, circondava, cioè, i castardelli, la barca li cingeva con una apposita rete di circuizione, a castaullare. Il delfino scansava la rete rimanendo all’esterno, quasi sempre, a bocca asciutta. Il pescatore allora lo ripagava lanciandogli qualche castardello. Il delfino, vistosi derubato, partiva per un’altra spedizione. E la barca dietro ad inseguirlo fino a notte.

Castaurriélle

– castardello s.m. Scomerox saurus, della famiglia degli scomberesodici. Pesce quasi scomparso dai mari ponziani perché non vi sono più i delfini che li spingono
lungo le coste. E’ un migratore. Una volta, nel periodo settembre- ottobre i gozzi ponzesi si trasferivano in Toscana per la campagna dei castaurriélle.

Castèlle

– castello s.m. Ponte sopraelevato di prua, utile, oltre che per le vele, per il maneggio delle ancore. Il castello, innalzando i lati della prua, consente alla nave di navigare
anche con mare grosso senza imbarcare molta acqua.

Catenàcce

– lucchetto s.m. Chiavistello

 

Caténe

– catena s.f. Essa è formata da una serie di anelli ovoidali di ferro, le maglie.
Le catene vengono classificate in base al diametro del ferro che formano le maglie. Il loro uso è vario. Le catene per l’ancoraggio sono di venticinque metri definiti “lunghezza” che si uniscono tra loro mediante un maniglione smontabile.                           La dotazione di catene che una nave deve avere va da un minimo di cinque ad un massimo di dodici lunghezze.

Cavàlle

– cavalla s.f. Vela triangolare che va dall’albero maestro allo strallo di prua. Con questo appellativo si designa anche il lanzardo, scomber japonicus, dei scomberisodici.
Viene venduto quasi sempre per lacerto di cui non possiede le caratteristiche gustative.

Cave lardate

– cavo lardato s.m. Cima a cui sono state infilate degli sfilacci.

Cavallone

– cavallone s.m. Grossa onda, maroso.

Cavallùcce marine

– Ippocampo s.m. Hippocampus gattulatus. La conformazione del corpo gli conferisce un caratteristico aspetto da cui il nome di cavalluccio marino.

Cave

– cavo s.m. Nome generico per indicare tutte le corde, di qualsiasi specie e fattura, usate dai marinai. Il marinaio non usa il termine corda, dice cima.

Cavìgle

– caviglia s.f. Con questa voce si designano le estremitàdei raggi delle ruote del timone, il cavicchio di legno usato perotturare un buco e il cavicchio di ferro o di legno che i marinai usano per allargare i legnuoli delle corde da impiombare.

Cavigliére

– cavigliera s.f. Pezzo di legno aggiuntivo alla murata nei cui buchi si infilavano le caviglie a cui si dava volta le cime che scendevano dall’alto come quelle del picco
e dei paranchi legati all’albero.

Cavone

– Gavone s.m. Deposito. In ogni nave vi è il gavone di poppa e quello di prua.

Cazze i rré

– donzella s.m. Coris julis, dei labradi. Pesce bellissimo dal corpo affusolato sgargiantemente colorato.

Cazzàre

– cazzare v. Tesare, tendere una corda.

Càzzemarine

– oloturia s.m. Holoturia tubulosa, degli oloturoidi. Una bestia a forma di cetriolo che quando è in acqua è duro, fuori si ammoscia. Ottimo per innescare la coffa a saraghi.

Cazzometro

– solcometro s.m. Strumento per misurare la velocità di una nave.

Cazzunià

– agitare v. Tirare e mollare la lenza.

Cecàle

– cicala s.f. Magnosia, seyllarus arctus, dei macruri. Contrariamente all’aragosta vive in mari poco profondi. La sua pesca è rara. E’ da ritenersi, per il suo sapore, superiore alla aragosta.

(Vedi anche l’aneddono associato a tale vocabolo: “Le cicale e le scivolate”)

Ernesto Prudente . Vocabolario marinaresco. Continua