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Perché sono ponziano e non pontino

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Dal libro di Ernesto Prudente “Biografia di un Paese “

Perché sono ponziano e non pontino

L’ultimo scontro tra ponziano e pontino l’ho avuto, così, involontariamente e senza astiosità, con un giovane ponzese, un ponzese Doc. Figlio di miei amici e, soprattutto nipote di quel Tommaso che per l’intera isola, data la sua notorietà, è nonno Tommaso, un mitico personaggio dell’epoca moderna. Quel giovane gode la mia simpatia anche perché è un rarissimo esempio di tifoso del Napoli calcio. Una voce nel deserto dove la fanno da padrone juventini, interisti e milanesi. Rivedo ancora il sorriso nei suoi occhi quando, oltre vent’anni fa, gli regalai la medaglia ricordo del “Ciuccio” vincitore dello scudetto.
Nel sentirlo dire che le isole sono “pontine” me lo mangiai. Fu tale la mia aggressione verbale che il giovane Tommaso, porta il nome del nonno, rimase fuori dai panni. Nel vederlo mortificato mi sono “alliffato” e immediatamente gli ho chiesto scusa. In quel momento mi è sembrato che stavo discutendo con uno di quei tali ventotenesi, incolto e ignorante che, capeggiato da qualche illustre amministratore, anch’esso illetterato ed inerudito sull’argomento, quando esce fuori il nome Ponza ha il voltastomaco. E’ come se facesse una navigazione con lo scirocco. Questa affermazione mi costringe a chiedere scusa a quella grossa fetta di ventotenesi, acculturati e preparati, capeggiata da Filomena Gargiulo e Daniele Coraggio, due intelligenti e moderni cultori della storia della loro isola e dell’arcipelago in generale.
Sulla denominazione degli abitanti di queste isole non ci sono, né ci dovrebbero essere dubbi, se non dettati dall’invidia sopportata dalla ignoranza e dalla somaraggine. L’Arcipelago è quello ponziano e ponziani sono gli abitanti anche se vivono in una isola diversa da Ponza. Io sono un ponziano e non un pontino e spiego il perché, pur sapendo di spargere benzina sul fuoco, alimentando la reazione degli impreparati e dei disinformati. Nessuno se l’abbia a male perché in questo calamaio, contenente inchiostro analfabeta e asinaggino, hanno inzuppato la penna anche grosse figure istituzionali.
Diversi organi provinciali di stampa, alcuni anni fa, a seguito di una lettera della Azienda di Promozione Turistica della Provincia di Latina diretta ai Sindaci Di Ponza e Ventotene, al Presidente della Comunità delle isole ponziane, alle Pro Loco di Ponza e Ventotene, all’Apot di Ponza, alle Agenzie di viaggio e immobiliari di Ponza e Ventotene, alle Associazioni commercianti di Ponza e Ventotene e per conoscenza all’Assessorato al Turismo della Regione Lazio, hanno scatenato un putiferio che, a mio parere, sarebbe più giusto definire una gazzarra o una cagnara.
La lettera dell’APT, datata 31 marzo 2006, faceva presente che: “l’EPT e l’APT di Latina hanno utilizzato, da circa 50 anni, la dizione isole PONTINE oppure Arcipelago delle isole PONTINE e che da nessuna fonte è mai pervenuta alcuna obiezione a tale uso e che da qualche tempo è stata introdotta sul mercato turistico la antica denominazione di “isole PONZIANE”, dapprima adottata per contrassegnare la Comunità dell’Arcipelago e successivamente estesa anche ad alcuni veicoli pubblicitari, senza preavvertire questa APT allo scopo di assicurare una dizione comune. (….) Le ragioni che hanno militato fin qui in favore della denominazione isole PONTINE a preferenza di PONZIANE sta nel fatto che quest’ultima denominazione sembrava fortemente caratterizzata per Ponza e lasciava apparentemente in ombra Ventotene”.
Ecco dunque il diabolico motivo che ha fatto cadere e perseverare nell’errore. Il Sindaco pro tempore di Ventotene, in data 24 aprile 2006, rispose alla lettera del Direttore dell’APT in questo modo: “Le sono grato per aver posto il dibattito su una diversa denominazione territoriale da indicare nel prosieguo delle attività di promozione turistica che Ella intraprende da molti anni nel territorio della Provincia di Latina e più in particolare nell’area che include il Comune di Ventotene.
A parere dello scrivente, non vi sono motivate ragioni per modificare la denominazione dell’area geografica “ISOLE PONTINE” in altra.
Come Ella riferisce nella nota del 31 marzo 2006, da circa 50 anni l’Arcipelago della Provincia di Latina utilizza la dizione “Isole Pontine” senza alcuna obiezione per tale uso. Questo Comune vuol precisare che non ha delegato alcun Ente, Associazione o Agenzia a farsi promotore di diversa iniziativa.
Il tema impone, al tempo stesso, alcune riflessioni che cercherò di esplicitare. Un insieme di territorio geografico, composto da più isole, può caratterizzarsi ed essere identificato per una pluralità di elementi, la dimensione geografica, la storia, la cultura, le risorse naturali, la peculiarità sociale la potenzialità economica di ciascun sistema; soltanto una condivisione e una convergenza di pluralità di “elementi” può far scaturire un diverso dibattito sulla denominazione dei luoghi e di identità; l’unità di intenti non può fondersi esclusivamente sulla dimensione territoriale ma deve essere determinata da una convergenza di valori fondati anche sulla dignità della persona, della tipicità dei luoghi e della identità culturale.
Il concetto di “Arcipelago pontino” (= cinque isole, cinque terre, cinque scogli, ecc) identifica per la comunità di Ventotene un segno della pari dignità sul piano della storia di ciascuna isola, della scala sociale, dei costumi, delle tradizioni, dell’ambiente, della cultura; l’insieme delle isole che compongono l’arcipelago, con Ponza la più estesa, non deve limitare il dibattito al dimensionamento geografico che potrebbe apparire riduttivo e fuorviante, in quanto storicamente alcuni, analoghi a quello posto in riflessione, sono apostrofati sia con il territorio di maggiore estensione, che con la regione di appartenenza, con il significato mitico dei luoghi, con le caratteristiche morfologiche, etniche e delle tradizioni, con l’estensione naturale delle terre e delle acque limitrofe che le rispecchiano, anche con altri modelli di riferimento.
Prima di giungere alla conclusione vorrei citare il recente Statuto della Provincia di Latina approvato il 15/11/03 che la capitolo 1, art. 1, comma 4 così recita: “Il suo territorio costituisce un unicum al livello di habitat naturale e paesaggistico di grande valore ambientale e turistico, con catene montuose e collinari che degradano fino al mare, pianure fertilissime, coste di rara bellezza che guardano alle Isole Pontine autentiche (… …) sotto il profilo naturalistico”, e lo Statuto della Regione Lazio approvato in data 11. 11. 04 che all’art. 3 comma 1 così recita: “La Regione Lazio promuove l’unità nazionale nonché, ispirandosi ai principi contenuti nel Manifesto di Ventotene per una Europa Libera ed Unita, l’integrazione europea come valori fondamentali della propria identità”.
Non posso credere che anche gli Enti citati, nel massimo consesso istituzionale per la determinazione dei principi fondamentali quali uno statuto, abbiano potuto lasciare ombre interpretative.
L’isola di Ventotene, che ha visto sperimentare sul proprio territorio le utopie più straordinarie della storia recente, legate prevalentemente alle tesi illuministiche della LIBERTE’, EGALITE’, FRATERNITE’ – quali in Rousseau: “Il bambino e la natura”; il Panipticon: rieducazione della persona; la Comune – non può accettare la cultura della sopraffazione e del dominante, ma per propria dimensione geografica e per quel senso proprio della storia che le appartiene, unisce rispettosamente e sempre i valori della dignità, del rispetto umano e della libertà come conquiste da custodire gelosamente nel tempo”.
Alla richiesta della APT rispose la Associazione Commercianti Ponza proponendo: la dizione di Isole Ponziane per indicare le isole dell’Arcipelago della Provincia di Latina”. Ma rispose anche l’Assessorato Sviluppo Economico, Ricerca, Innovazione della Regione Lazio, cui la richiesta dell’APT di Latina era stata inviata per conoscenza e, questa risposta la inviò, per conoscenza, anche al Sindaco di Ventotene, in data 16 giugno 2006: (di Ponza neanche l’ombra, come se non esistesse e come se non fosse interessata della faccenda) Spettabile Direttore – in merito alla nota inviata dal Comune di Ventotene prot. N. 607 nulla denominazione da utilizzare per La stampa e l’editoria promo-pubblicitaria, si fa presente che non è intenzione di questa Regione modificare la denominazione di Isole Pontine, che identifica tutto l’Arcipelago, compreso il Comune di Ventotene, in Isole Ponziane”.
Raffaele Ranucci, Assessore al Turismo e a tant’altro della Regione Lazio, è un antico frequentatore di Ponza con il suo celeberrimo panfilo Skagerat che venne varato negli anni quaranta del secolo scorso per l’ammiraglio Doenitz di hitleriana memoria. Ranucci era un uomo di Sport prima di dedicarsi, anima e corpo, alla politica. Oggi, lasciata la Regione, siede a Palazzo Madama fra i senatori della Repubblica Italiana. A Ponza ebbi occasione di conoscerlo. In una delle sue visite a Ponza si fece accompagnare da Ottavio Bianco, l’allenatore del Napoli scudettato. Fu questa conoscenza che mi spinse a scrivergli quando sulla stampa “infuriò” la polemica. Con questa mia lettera, in data 28 ottobre 2006, a lui diretta, intesi difendere la storia che, ancora una volta, veniva contraffatta dai vincitori:
“ Egregio Assessore – Non vorrei apparire come il Piccolo Patriota Padovano, di Deamicisiana memoria, che, inasprito e intristito dalle provocazioni di stranieri, si ribella. Sono un ponziano che, dopo anni di studio, ricerca e raccolta di libri sulla storia delle isole ponziane vorrebbe mettere un puntino sulla famosa i.
Ella, nella carica che riveste, in data 16 giugno 2006, prot. 766, ha inviato una lettera, che allego, al Direttore APT di Latina, dr Pier Giacomo Sottoriva, indirizzandola anche, per conoscenza, oserei aggiungere: per compiacenza, al Sindaco di Ventotene, dr. Giuseppe Assenso, avente per oggetto: “Denominazione Isole Pontine” in cui asseriva che “non è intenzione di questa Regione modificare la denominazione di ISOLE PONTINE”. Le ricordo che a questo Arcipelago, sin dall’antichità, per qualificarlo è stato aggiunto l’aggettivo PONZIANO, dal nome dell’isola più grande e non sarebbe questo il primo e unico caso al mondo.
Esso, l’arcipelago, è composto dalle isole che formano il Comune di Ponza (Ponza, Palmarola e Zannone, versante occidentale) e da quelle che formano il Comune di Ventotene (Ventotene e Santo Stefano, versante orientale). Questo gruppo di isole (Ponza, Palmarola, Zannone, Ventotene e Santo Stefano, apparteneva al regno di Napoli, essendo proprietà privata della Famiglia Farnese e che Elisabetta, ultima discendente della Famiglia, lo portò in dote quando sposò Filippo V, re di Spagna.
Elisabetta donò questo suo patrimonio personale al proprio figlio Carlo III° quando divenne re di Napoli.
In seguito queste isole vennero assegnate, per donazione, al Regno delle Due Sicilie che comprendeva, sul versante est, tutta la parte meridionale della penisola italiana fino alle porte di Terracina mentre sul versante occidentale i confini erano i comuni di Pescosolido e Sora. Di questo territorio, inserito tutto nella Provincia di Terra di lavoro (Caserta) facevano parte anche Arpino, Roccasecca e Cassino. Queste terre segnavano il confine del Regno di Napoli con lo Stato Pontificio. Con la scomparsa del regno borbonico e con l’Unità d’Italia questi Comuni, con le Isole Ponziane, rimasero, giurisdizionalmente, sotto la Provincia di Caserta che subì l’avversione di Mussolini, durante il regime fascista, che fece di tutto per farla scomparire.
Nel 1934, quando venne istituita la provincia di Littoria, una città fondata dal fascismo, i comuni di Formia e Gaeta, con quelli limitrofi dell’entroterra e con l’associazione dei comuni isolani, vennero aggregati a questa nuova realtà istituzionale.
Questo arcipelago, nella sua interezza, da campano divenne laziale.
I ponziani, i ventotenesi, i formiani, i gaetani come altre etnie da casertani divennero littoriali.
Gli isolani, almeno gli abitanti di Ponza (anche se Ventotene farebbe di tutto per cancellare la parte occidentale dell’arcipelago di cui è costretta a far parte), non si sono mai integrati in questa nuova appartenenza e con il passare degli anni hanno sempre mantenuto le loro particolarità etniche e sociali, idioma compreso, che ora Ella vorrebbe depennare e cancellare.
Il termine “PONZIANO” implica elementi di storia, di cultura, di tradizioni che rappresentano l’identità delle isole che nessuno potrà mai annullare.
Noi abitanti di queste isole, posizionate di fronte al golfo di Gaeta, non abbiamo niente in comune con il termine “Pontino” o “Agro Pontino” o “Paludi Pontine” comunque lo si vuole chiamare. Non abbiamo, in nessun senso, padri o madri in comune, come non abbiamo in comune nonni, bisnonni o trisavoli. Apparteniamo ad un’altra parrocchia e non possiamo lacrimare per le omelie che non appartengono al nostro credo.
Il Vocabolario della lingua italiana, il Dizionario enciclopedico e la stessa Enciclopedia italiana, editi dall’Istituto Treccani, vanto della cultura italiana, alla voce PONTINO chiariscono: “agg. dal lat. Pomptinus o Pontinus relativi o appartenenti a una zona del Lazio meridionale che si estende dai monti Lepini al Tirreno e dai primi rilievi dei colli Albani al golfo di Terracina e che può essere definita Regione Pontina, Agro Pontino o Paludi Pontine”. Il Dizionario aggiunge che: “Pontino è un nome che si ritiene derivato dalla città di Suessa Pometia con cui è stata anticamente designata una zona del Lazio: Regione Pontina, Agro Pontino, Paludi Pontine”.
Il libro “Paludi Pontine”, 1777, ristampato dalla Regione Lazio nel 1984, chiarisce, anche con cartografia, la zona del basso Lazio definita “Pontina”.
Ella, Signor Assessore, nella Sua menzionata lettera, scrive: “che non è intenzione di questa Regione modificare la denominazione di Isole Pontine che identifica tutto l’arcipelago, compreso il Comune di Ventotene, in Isole Ponziane”.
E’ una imprudenza e una avventatezza perché mancano i riscontri storici.
Vista la Sua azzardata decisione, Assessore Ranucci, gradirei sapere da quando e in  virtù di quale atto amministrativo l’Arcipelago Ponziano ha cambiato denominazione. Si parla di mia madre e ritengo di avere il diritto di sapere. Come gradirei sapere se le centinaia tra libri, riviste e giornali, gelosamente custoditi, che titolano “Isole Ponziane” li debbo mettere nel catalogo delle letture proibite perché condannati dalla Regione Lazio?
Distinti saluti.
Il dr. Sottoriva, direttore dell’Apt e prima ancora dell’EPT di Latina, persona amica e da me stimatissima tanto che scrissi nel mio libro “Ponza – Antologia e Bibliografia”: “Giornalista e, prima ancora, autore e scrittore. E’ autore perché porta con sé le idee della materia trattata, dal carattere morale o sociale di ciò che scrive. E’ scrittore perché arricchisce la materia trattata con l’esposizione, l’ordine e lo stile. Giornalista di razza perché riesce a trasformare, con la sua intelligenza, il pezzo, anche se di cronaca, in una pagina di ampio respiro culturale”, è uso perseverare nell’errore di definire Arcipelago Pontino quello composto dalle isole di Ponza, Palmarola, Zannone, Ventotene e Santo Stefano.
Ci accapigliamo da oltre trent’anni sull’argomento e la sua risposta è sempre una battuta. Ho avuto sempre l’impressione che lo faccia per sfizio. Una identica diatriba, una medesima controversia l’ha tirata fuori per il nome “Ventotene”. Nel suo libro “Le isole oltre il confino”, Editrice Il Gabbiano, 1997, scrive: “Strabone che la geografia la conosceva e la insegnava, tuonava per riportare decisione in quel mondo di indecisioni toponomastiche che ha lasciato scritto: < in ipso speluncarum prospectu (lui, Strabone, guardava da terra, da Sperlonga) jacent insulae duae procui in pelago, Pandaria et Pontia >. Così aveva lasciato scritto. Ma le carte nautiche e quelle geografiche riproponevano il bisticcio perché chiamavano l’isola in tutti i modi possibili, Mandataria, Pandatera, Pandotira, Pantuteri, Pontotieri, Ritento, Bentilem e altri ancora. Né si capiva da dove venisse fuori quel Ventotene o Ventotiene che oggi si usava; non si capiva, ma si poteva spiegare perché lo studioso quando si trova di fronte ad un nome, quale esso sia, si adopera per trovarne una giustificazione. Il dr. Sottoriva, quella giustificazione invocata e richiesta non l’ha mai cercata. La straordinaria situazione di Ventotene sta nel fatto che ognuno dei suoi numerosi nomi ebbe sempre, nei tempi, la sua onesta, razionale e convincente spiegazione, fosse Panaria o Mandataria, la ricca dei doni, o fosse Ventotene, dai venti che la strapazzano”.
Ponza e Ventotene non hanno nulla da vedere, non hanno niente in comune con la parola “pontino” che, come abbiamo visto, serve ed è servito per indicare una precisa zona del basso Lazio, ora in provincia di Latina, comunemente indicata come Agro Pontino, Paludi Pontine o Regione Pontina che si divide in tre parti: la fascia litoranea, piatta e caratterizzata da cordoni di dune dietro le quali vi sono laghi stretti e lunghi: Fogliano, Monaci, Caprolace, Sabaudia. Alle spalle di questa fascia la regione si eleva a 60-80 metri ed il terreno è costituito da materiale di antiche dune coperto quasi interamente da fitto bosco. Tra questa striscia e i piedi dei Lepini vi era una zona, la più depressa, quella che era poi la vera palude, dove le acque provenienti dai Lepini o sgorganti dalle numerose sorgenti, esistenti nella zona, non avendo la facilità di defluire verso il mare per la scarsa pendenza del terreno e per l’impedimento delle dune, creavano vaste zone acquitrinose. A queste notizie riportate dalla Treccani si devono aggiungere quelle descritte nel bellissimo volume “Le Paludi Pontine”. Il libro riporta la pianta, la planimetria, la mappa della zona interessata che definisce Paludi Pontine, Agro Pontino o Regione Pontina, come si ritiene più opportuno chiamarla. In questo eccezionale lavoro dell’ing. Gaetano Rappini, dedicato alla Santità di Pio VI, sono riportati, con estrema precisione, i confini della Regione Pontina che vanno, per la parte a ridosso degli Appennini, da Ninfa a Norma, a Abbadia, a Sermoneta, a Monte Antoniano, a Sezze, alla Macchia di Fossanova. La linea di demarcazione scende da questo percorso d’altura verso i confini meridionali formati dalle terre dei Comuni di Terracina e del Circeo, fino alla battigia.
Qui finisce la Regione Pontina, qui ha termine l’Agro Pontino, qui si concludono le Paludi Pontine. La libertà all’ignoranza sta consentendo che il termine Pontino navighi senza una rotta, invadendo, senza controllo, perché i contadini sono diventati marinai, le acque del Circeo, di Terracina e del golfo di Gaeta. Fra non molto scopriranno, alle falde Vesuvio, ossi di un cane neandertaliano e la Regione Pontina si sposterà ancora più a sud. Come corrono le cose, molto attenzione la deve fare anche il mar Tirreno perché appena si distrarrà diventerà mare Pontino. La Regione Pontina ha confini ben precisi, caratteristiche ambientali ben definite, nette e differenti, non diversi perché non hanno addentellati in comune, da quelle isolane e di tanti altri luoghi che, per disinformazione e impreparazione, vengono definiti Pontini.
Diventiamo sognatori e pensiamo di alzare con una gru le nostre isole e di posarle tra Terracina e Latina, lungo la via Appia o più a nord. Esse sarebbero come un pesce fuor d’acqua perché il loro habitat culturale è di ben altra natura.

Chi usa l’aggettivo Pontino per definire le isole che stanno di fronte alla costa continentale che va dal Circeo a Gaeta fa un uso improprio del termine e cade in errore perché il significato di Pontino non solo è diverso ma è addirittura differente da ponziano perché i due nominativi non hanno radici comuni. Ponza e Ventotene non hanno legami, non hanno rapporti, non hanno relazioni, non hanno corrispondenza, non hanno addentellato, non hanno attinenza con l’Ager Pomptinum.
Definire, chiamare, appellare il complesso di queste isole con l’espressione PONZIANE è tradizione, consuetudine, abitudine, usanza, costume. E’ storia, storia che risale al tempo dei primi autori greci e latini.
Gli scrittori Latini scrivevano Insulae Pontiae per rappresentare tutto il gruppo di isole che si trovavano di fronte al golfo di Gaeta. I romani fecero incetta di una precedente denominazione greca.
I greci hanno frequentato le Isole Pontiae molto prima dei romani perché le isole erano sulla rotta dei loro commerci. La particolare posizione nel Tirreno era di capitale importanza per le loro navi che potevano rifugiarsi in caso di tempeste o per rifornirsi di acqua. A questo proposito alcuni studiosi sostengono che l’acquedotto Le Forna-Ponza sia di origine greca e che, successivamente, i romani se ne sono serviti. Alle isole i greci non potevano non dare un nome e le chiamarono Pente Nesoi dove Pente aveva il valore di cinque e Nesoe corrispondeva a isole. Cinque isole.
I successivi occupatori, Volsci, Olsci e Romani, modificarono il nome e da Pente si passò a Pontia, cioè Ponza.
Ventotene, in quelle circostanze, fu chiamata Pandataria, dal genitivo di Pentas Pentados più il suffisso “aria”. La quasi totalità degli scrittori che, dal settecento in poi, si sono interessati di questo arcipelago hanno usato l’aggettivo Ponziano. Dal dopoguerra del secolo passato si è incominciato a usare il termine Pontine. L’apostata è stato Pier Giacomo Sottoriva. Altri si sono convertiti per motivi elettorali.

Scrisse Totò: “sti pagliacciate i fanne sule i vive”.

 

Ernesto Prudente