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L’ultimo eroe (4)

[1]

di Sandro Russo

 

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Ora corrono in un grigio torrente di roccia, con il rumore della risacca che si agita avanti e indietro, sotto di loro. Alla scarsa luce della luna il mondo intorno é senza colore: variazioni di grigio sullo sfondo scuro del mare. La schiuma, giù in basso, é solo una sbavatura più chiara contro gli scogli.

A tratti la roccia é sostituita da un terreno più friabile sotto i piedi; legni e detriti portati del mare. Ci sono dei tratti sabbiosi, ogni tanto, e allora i loro passi rallentano, invischiati da una colla spessa, come quando si corre in un sogno.

[5]

C’é vento, tra le rocce di fronte al mare. E pochissimi altri suoni a riempire il mondo: il loro respiro raspante, e un rombo nelle orecchie ad ogni battito del cuore.

Ettore si tocca gli occhi che bruciano, premendoli con le dita per farli riaprire. Ha una ferita ad un piede, che si è procurata correndo scalzo al buio tra le rocce, che sanguina profusamente. Il suo inseguitore è a non più di trenta passi da lui e ormai non ha più senso fuggire.

Si ferma ad attendere che si avvicini ancora, tanto da guardarlo negli occhi.

Tra i suoi pensieri mille domande inespresse.

Ma non ci sono più parole, adesso… Lo capisce dallo sguardo del suo rivale che avanza ancora; una furia cieca che non passa per le vie della ragione. Violenza chimica che travolge e distrugge.

Una grande stanchezza lo prende. Tutto gli sembra lontano, senza significato. Non è solo Achille. Il mondo intero, la vita stessa… Tutti vanno per una strada che non è più la sua…

Achille ruggisce di rabbia e di vendetta…

Ettore non ha parole, né odio né richieste. E’ troppo tardi. La somma di tutte le cose che sono accadute ha portato a quel punto, come se una corrente lo avesse trascinato; troppo forte da contrastare, ormai.

Forse neanche vuole più viverci, in un mondo così…

Si muove sul terreno irregolare; é di fronte al suo antagonista. Si guarda intorno: tronchi, sassi, che nelle sue mani potrebbero diventare armi.

Anche Achille avanza. I suoi occhi rapidissimi registrano in un attimo la figura davanti a lui e il terreno intorno. Valuta le sue possibilità. Da ragazzini, i loro combattimenti finivano sempre pari, perché avevano la stessa forza e le stesse reazioni.

Ora bilancia tra le mani una grande pietra, che scaglia contro l’avversario, stranamente immobile. Lui la schiva e nel frattempo arretra.

Achille lo guarda addentrarsi in una zona d’ombra. Distingue distintamente il crepaccio alle sue spalle, dissimulato nel buio circostante. Due passi… un passo… Immobile, rimane a guardarlo; lo vede indietreggiare ancora, annaspare per un attimo all’indietro e scomparire alla sua vista.

[6]

Ettore vede lo spicchio di luna, bianco-verdastro e deformato, precipitare giù, e tutto il mondo rigirarsi. Non c’è dolore.

Da qualche parte vengono stridii di rondini, e una luce abbagliante e la voce di sua madre che chiama

 

Sandro Russo

 

Nota dell’Autore

Questo racconto è un’elaborazione del tema classico di Ettore e Achille dal libro XXII dell’Eneide, con un simile finale, trasposto in un contesto isolano.

Tutti i personaggi sono di fantasia. Nessun riferimento è da fare a persone e/o a fatti reali.

 

[L’ultimo eroe. (4) – Fine]