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I Vecchi (5). Conclusione

di Sandro Russo

Per l’articolo precedente, leggi qui [1]

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Dal Nonno ho potuto prendere pochissimo: residui, frammenti, ritagli di vita. Eppure già tanto, a confronto di tante altre persone che mi sono vissute accanto del tutto sconosciute.

Forse a lui non faceva piacere raccontare la sua vita, oppure io da bambino non avevo voglia e tempo di ascoltarlo. Solo più tardi, molto più tardi, ho messo insieme i miei ricordi con le storie di famiglia che le figlie – la zia Olga, zia Rosaria, mia madre stessa – hanno continuato a rievocare dopo la sua morte, avvenuta all’età di 94 anni (1875-1969), per una broncopolmonite, ma ancora perfettamente lucido. Pare che il suo cruccio, in quegli ultimi giorni, fosse quello di non riuscire a vedermi laureato medico.

Qualche volta mi sono trovato a ripensare a questa parte del mio passato. Non tanto per nostalgia, ma piuttosto per cercarvi le radici di future inclinazioni. Anche se le memorie sono una parte importante di noi, la rievocazione del ‘come eravamo’ può essere per lo più un’esercitazione sterile, se fine a se stessa.

Mi aveva incuriosito, al ricordo, che un bambino di sette otto anni si svegliasse alle sei di mattina, d’estate.

Lo fa se ha una buona motivazione, e la partecipazione al mondo degli adulti è uno stimolo molto forte, a quell’età. Poi con gli anni se ne apprezzano gli altri vantaggi – avere più tempo, per esempio – ma l’inizio fu questo.

Volendo allargare, anche l’attrazione per i mercati, soprattutto alimentari, frutta verdure e pesce, nasce da lì. Tanti giri per mercati di tutto il mondo, la curiosità, la scelta a colpo d’occhio, avvenivano con il nonno a fianco, anche senza saperlo: tout se tient!

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Ma torniamo al punto iniziale: si può imparare qualcosa, dai vecchi, che serva a noi per quando lo diventeremo?

I ricordi dei vecchi interessano poco ai bambini: magari li rivalutano e vorrebbero saperne di più, quando raggiungono a loro volta l’età dei ricordi. Ma allora è tardi: i protagonisti delle storie omesse sono scomparsi per sempre e i racconti delle loro vite con essi. E’ qui che potrebbe soccorrere la scrittura, se avessero lasciato qualcosa…

I bambini hanno regole e bisogni che gli adulti poi dimenticano. Il processo della crescita è lento e doloroso; a volte neanche si ricordano, tutti i tasselli che sono serviti per fare di una persona quella che è.

I vecchi sono ancora diversi: hanno priorità che spesso non riusciamo a capire; fissano la loro attenzione su particolari incomprensibili; hanno un modo di richiedere attenzione che non sempre è chiara, ad una interazione superficiale. Molte ricchezze, pensieri, storie che potrebbero lasciare in eredità, sono diventate irrilevanti ai loro occhi. A loro semplicemente non interessano più.

E neanche possiamo prevedere i vecchi che saremo. La fisiologia sovrasta la psicologia; i cambiamenti indotti dal tempo la volontà stessa.

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L’ asserzione, razionale a prima vista, che Bambini Adolescenti Adulti Vecchi non siano categorie a sé stanti ma le diverse fasi di evoluzione dello stesso soggetto, non sta in piedi. Sono invece a tutti gli effetti specie diverse, e le similarità di facciata (…la continuità dei tratti fisici, ricordi, parenti comuni, documenti, carte d’identità e attestati vari) convincono tutti, tranne il soggetto stesso, che si tratti della stessa persona..

Sono i tempi e i luoghi di confine, come per tutti i cambiamenti, quelli più fertili, per quanto dolorosi.

Quelli in cui si ritrovano le analogie e le continuità.

Le discendenze e le distanze.

Le ragioni e le emozioni.

 

[I Vecchi. (5). Fine]

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