Lontano da Ponza

I Vecchi (2)

di Sandro Russo

Leggi qui la prima parte

 

Il nonno…  – il nonno materno, di Ponza; l’altro è morto nella guerra del ’15-’18, quando mio padre era ancora bambino – certo che non lo aveva, questo problema: allora i pensieri erano più semplici, le emozioni immediate e nella fascia sociale e culturale dei nostri nonni, la lettura e ancor più la scrittura pressoché sconosciute.

Vite intere di pensieri e di esperienze che non hanno lasciato traccia alcuna! Che peccato… e che perdita!  Di un immenso patrimonio ora posso recuperare solo pochissimi episodi: frammenti delle emozioni di un bambino nella sua interazione con lui.

Non servisse a nient’altro, scrivere, già questo basterebbe. Sottrarre vite intere all’oblio… ove mai la curiosità spingesse a sfogliare un vecchio diario; se un aspetto della vita di qualcuno che ci ha preceduto fosse in grado di svelare qualcosa della nostra, di vita; qualcosa a chi legge, decenni o secoli dopo.

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Poste Italiane – Telegramma –  27 Giugno 1953
Località di invio: Cassino (FR)
Destinazione : Ponza (LT)
Testo: Bambino arriva piroscafo domani venerdi 28 stop Baci  Giovanna

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Poste Italiane – Telegramma – 29 Giugno 1953
Località di invio: Ponza (LT)
Destinazione : Cassino (FR)
Testo: Arrivato tuttobene Stop Sciagurata stop Celhai dipiu questo figlio interrogativo
Baci OlgaRosaria

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…Ma ero un bambino assennato. A sei anni, l’età del primo viaggio da solo, sul piroscafo tra Formia e Ponza, sicuramente avrò letto il Corriere dei Piccoli e sarò stato tutto il tempo della traversata compostamente seduto; anche se i miei avranno raccomandato di tenermi d’occhio a chissà quante persone che conoscevano, a bordo.

Ad aspettarmi sul molo dell’isola c’era sempre lui, il nonno di Ponza, di cui ricordo l’abbraccio ansioso e la barba pungente, prima che mi prendesse in fretta la valigia e andassimo a casa. Sulla via Nuova.

Così un bambino e un vecchio si incamminavano insieme: il primo distratto da mille sensazioni, odori, (pochi) ricordi, anticipazioni. Aveva l’estate davanti e tutto il mondo da scoprire…

Quanto gli poteva importare di lui?

Lo sanno tutti come ragionano i bambini, anche se si preferisce dimenticarlo e farsi tutt’altre idee.

Lui era uno dei ‘Grandi’: uno dei paletti fissi intorno a cui girare; il come muoversi e interagire con ‘Loro’, i ‘Grandi’ fa parte del gravoso compito della crescita, e i bambini sono bravi – é il loro unico lavoro, in verità – nel prendere le misure e far ballare le persone, ciascuno alla sua musica preferita.

Il Vecchio invece se lo covava con gli occhi, quel bambino che aveva visto quasi morire, piccolo piccolo, di pochi mesi, quando la mamma (sua figlia) si era ammalata e non aveva avuto più latte da dargli; tirato su a latte d’asina che lui andava a prendere due volte al giorno ‘ncopp’i Cuònt’, quattro-cinque chilometri a piedi per andare e tornare.

 

Aveva fatto il falegname e il carpentiere, il Nonno, e ai suoi tempi era andato su e giù (come se fosse una passeggiata) tra l’Italia e “l’America” – un nome evocativo di meraviglie e favolosi arricchimenti, di pacchi molto attesi pieni di ogni ben di Dio e soprattutto d’i’ calze i’ nailòn’ –  all’epoca dei grandi transatlantici quando ‘il viaggio per mare’ durava poco meno di un mese.

Ogni volta che lasciava la sua isola prometteva che sarebbe tornato solo quando avesse fatto fortuna. Ma dopo un paio d’anni lo prendeva la nostalgia; ricco non era diventato e buona parte di quello che aveva guadagnato se ne andava per il viaggio. Così tornava, metteva in cantiere un altro figlio e dopo un po’ ripartiva per l’America; questo gioco ha continuato a farlo con una cadenza regolare per una diecina d’anni. Infatti i miei zii hanno una caratteristica periodicità nelle date di nascita (1912 lo zio Peppino, 1914 zia Olga, 1916 zio Elio, 1918 zio Biagino, 1920 Giovanna, mia madre, 1922 Nicolino, morto ancora in fasce, e per ultima zia Rosaria, nel 1924).

L’ultima volta che tornò dall’America  – poteva essere il 1923? – avvisò la famiglia quando era già in Italia (i collegamenti con l’America muovevano allora dal grande porto di Napoli). Mandò un telegramma – così mi è stato raccontato – che diceva più o meno: Moglie mia, figli diletti: prendo la prima nave da Napoli; preparatevi a una grande sorpresa – Ciccillo

Grande apprensione in famiglia e curiosità sull’isola per quest’ultima stranezza, anche se ci dovevano essere ormai abituati.

– U Ggieusù! U Madonna mia! Se sarrà fatt’ male… Mò me torne pure struppiate! Che sarrà succiéss’? – pensò la moglie Natalina, mentre i numerosi figli non stavano più nella pelle, per la gioia del ritorno di quel padre giramondo, più sognato che reale.

Arrivò qualche giorno dopo con il Postale da Napoli, con una cascia che fece trasportare a casa con la più grande attenzione. Tutti a chiedersi cosa c’era dentro e a immaginare chissà quali tesori. Quando alla fine riuscirono a chiudere fuori gli estranei, la famiglia si raccolse intorno alla casciulella di legno, che Ciccillo stesso aveva confezionato in America, e spedito, prima di partire a sua volta.

Tolse di persona la ceralacca dalla tela di sacco all’esterno, tutti i chiodi e l’imbottitura interna di stracci, e mostrò a quel pubblico esterrefatto il primo…

 

[I Vecchi. (2). Continua]

 

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