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Ponza nell’Italia post-unitaria. Il domicilio coatto

Poiché festeggiamo i 150 anni dell’Unità Nazionale, credo sia opportuno valutare alcuni aspetti che interessano anche la nostra isola: gli enormi sacrifici perché tale unità si rinsaldasse.

(Da alcuni articoli della “Gazzetta Piemontese”- poi “La Stampa” di Torino)

di Silverio Lamonica

 

“La misura del domicilio coatto è presente nella legislazione italiana dal 1863, contenuta in un pacchetto di provvedimenti eccezionali tesi a combattere il brigantaggio meridionale.
Tra i luoghi di confino, in quel periodo, è funzionante l’isola di S. Nicola alle Tremiti, dove uno stabilimento edificato precedentemente dai Borboni è destinato ai coatti comuni: il nuovo Stato raddoppia le case di pena rimettendo in funzione Porto Ercole, una fortezza risalente alla Repubblica di Siena. Successivamente – sotto il regno di Umberto 1° (1868-1900) e negli anni in cui Francesco Crispi fu Presidente del Consiglio (1887-1896, con qualche interruzione) – la lista delle località destinate al domicilio coatto giunge ad includere anche le isole di Favignana, Lampedusa, Lipari, Pantelleria, Ponza, Ventotene e Ustica” (N.d.R.).

 

La direzione del quotidiano “La Stampa” di Torino si è resa protagonista di un’ottima iniziativa: ha messo on-line l’archivio storico del giornale dal primo numero risalente al 1868, fino ai giorni nostri.

Alcuni articoli riguardano Ponza e sono una conferma della particolare considerazione che il nuovo Stato Unitario aveva nei confronti della nostra isola (ma anche delle isole minori in genere).

Nel 1868 il Governo nazionale toglie al  Comune di Ponza l’assegno di lire 10.000, percepito fino all’anno precedente, a causa della cura da cavallo all’economia. Erano gli anni in cui Quintino Sella si accingeva ad approntare la legge di bilancio che introduceva la famigerata tassa sul macinato,entrata poi in vigore il 1.1.1869. Per cui invano l’Onorevole Raffaele Gigante, avvocato originario di Itri ed eletto nel collegio di Formia- Gaeta, chiese al presidente della Camera di tornare sull’argomento; il Ministro dell’Interno Carlo Cadorna (fratello del Gen. Raffaele che guidò i bersaglieri alla “breccia di Porta Pia”) gli rispose picche:

Gigante Nel vedere radiata dal bilancio la cifra assegnata negli anni passati al Comune dell’isola di Ponza, abbenché questa radiazione provenga da un voto della Camera, prego la Camera a ritornare su quella discussione.

Dopo un lungo discorso, al quale brevemente risponde l’Onorevole Cadorna mostrando come il Governo non abbia fatto che uniformarsi al voto della Camera.

La proposta Gigante per assegnare all’isola di Ponza lire 10.000 non è neppure appoggiata.

La seduta è sciolta alle ore 6 p.m.

(30.01.1868)

In compenso Ponza continuò ad ospitare schiere di malfattori che il Governo Centrale le inviava generosamente (quelli si). Anzi ai coatti napoletani, già accolti per la magnanima benignità di Re Ferdinando, si aggiunsero i confratelli padani. Notate l’ironia sollazzevole del cronista nel “buttar giù” il pezzo:

15.02.1879 a Torino

Domicilio coatto. Il Ministero dell’Interno ha già cominciato ad accogliere le proposte della Questura per l’invio a domicilio coatto di persone troppo amanti del dolce far niente e della roba altrui, e di coloro che si servono troppo spesso del coltello. Qualcuno viaggia già per l’isola di Ponza, altri si preparano le valigie per recarsi in altri luoghi ameni dell’Italia meridionale. Buon viaggio, buon viaggio!

 

Spesso, quando lor signori venivano spediti in questo luogo ameno, la Gazzetta Piemontese ne metteva a punto anche il curriculum ed evidenziando le referenze:

18.03.1894. Un Indro pericolosissimo. Beltrami Giuseppe, d’anni 28, di professione indoratore, è un peccatore impenitente. Egli fu già condannato cinque volte per furto, una per ferimento, una per ribellione alla forza pubblica ed un’altra per contravvenzione alla sorveglianza- a 25 anni! – è stato già cinque anni in una casa di correzione come minorenne. Adesso era da tempo ricercato dalla Questura, e ieri finalmente gli agenti della squadra mobile lo agguantarono.

Il Beltrami sarà ora mandato a domicilio coatto per anni cinque nell’isola di Ponza.

(….e te pareva!)

 

Alcuni finirono i loro giorni in quest’isola, come Giovanni Gottardi noto malfattore veronese. Specie in questi casi la biografia era d’obbligo, come avvenne nella edizione del 15.03.1896:

 

13 Marzo – La morte di un celebre bandito. Da qualche mese si trovava a domicilio coatto, nell’isola di Ponza, un noto malfattore veronese: Gottardi Giovanni, detto “Anno” ed anche “Aceno” d’anni 65, calzolaio.

Egli aveva incominciato ben presto ad avviarsi su cammino del delitto. La prima condanna l’ebbe a 15 anni nel 1855 e fu per furto.

Nel 25 gennaio 1878 la Corte di Assise lo condannò a sei anni di carcere per grassazione.

Nella sera del 10 luglio 1872 egli, sulla strada di San Michele, aggrediva, armato di un coltello a serramanico, certo Corradi Luigi, di Rovere di Velo e riusciva a farsi consegnare il portafogli; ma alle grida del Corradi sopraggiunsero varie persone che arrestarono il Gottardi.

La vita di costui fu un continuo entrare e uscire dal carcere.

Subì quattordici condanne.

Pochi giorni or sono il Gottardi moriva all’isola di Ponza per bronchite.

Qualcuno, però, non si rassegnava a rimanere inchiodato nell’isola, né tantomeno a finirvi i propri giorni e tentò la fuga in maniera rocambolesca, come fu il caso di un sarto bresciano, ad inizio secolo, riportato da quotidiano torinese il 10 settembre 1900:

Tentata evasione all’isola di Ponza. Un coatto chiuso in una cassa.

Ci telegrafano da Napoli, 9, ore 15,22. Vi fu un tentativo di evasione dal domicilio coatto dell’isola di Ponza. Il sarto Pietro Moreschi, bresciano, condannato a quattro anni di domicilio coatto, si fece rinchiudere in una cassa da tale Oreste Mazzella, che spedì la cassa a Napoli, dicendo di contenere della biancheria. Giunta a Napoli il Moreschi uscì e, insieme col suo compagno, prese i biglietti per imbarcarsi su piroscafo Adria, che partiva per Marsiglia, ma a bordo furono riconosciuti ed arrestati.

Forse l’errore di Moreschi fu quello di voler terminare la fuga non da clandestino, ma da onesto viaggiatore, con tanto di biglietto regolarmente pagato; magari fu mal consigliato dal suo complice, il ponzese Oreste, ammanettato assieme a lui …chissà.

 

Dai  brani giornalistici riportati, emerge chiaramente una profonda differenza di rapporto, rispetto ad oggi, tra reato e condanna. Nell’Ottocento furti e rapine venivano puniti molto più severamente. Meglio di me potrebbe illustrare l’argomento un legale. Io mi limito ad affermare che oggi quei diseredati (così vanno considerati) non sarebbero venuti a Ponza a domicilio coatto, oppure, nei casi più gravi, vi avrebbero soggiornato per un periodo ben inferiore.  C’è da dire infine che, con il federalismo bossiano, di sicuro i bresciani, i veronesi ed i padani in genere avrebbero trascorso il domicilio coatto quasi a casa loro.

 

Silverio Lamonica