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Sulle origini del nome della nostra isola

[1]

Eèa

di Gigi Tagliamonte

 

L’Odissea è l’unica fonte che c’informa dell’esistenza di un isola chiamata Eèa, molto verosimilmente nel Tirreno, collegata con il mito di Circe dea dell’aurora. Omero, o comunque la cultura greca, doveva averne qualche notizia. L’isola Eèa, qualunque essa sia stata, doveva essere necessariamente ad oriente di chi attribuì questa dimora a Circe, dea dell’aurora. Quindi, sia che fosse il Circeo sia che fosse Ponza, la popolazione che chiamava Eèa questa isola era in Sardegna.

Massimo Pittau sostiene in “L’Odissea, La Sardegna nuragica ed Olbia” (1), che c’era da parte dei Greci una conoscenza precoloniale di tutta l’area mediterranea e quindi della nostra isola; questi luoghi e le popolazioni erano completamente mitizzati. A volte nell’enfasi del racconto, altre volte per scoraggiare altri naviganti meno temerari dal seguirli sulle loro rotte segrete. I primi naviganti Greci che hanno toccato la Sardegna hanno riportato il mito di una qualche divinità locale collegata con l’aurora e residente su di un isola a levante. Così come hanno fatto poi i Romani, probabilmente anche i Greci hanno importato divinità, traducendo poi con il nome della dea greca più somigliante per ruolo o funzione oppure importandola del tutto.

Da questi spunti ho a lungo cercato tra i vocaboli noti delle lingue dei popoli che abitarono la Sardegna prima della stesura dell’Odissea, ma senza risultati. Anzi trovando una completa incompatibilità del Fenicio (almeno scritto) con un nome fatto interamente di vocali (come Eèa).

Poi, finalmente, in occasione delle celebrazioni per San Silverio, quando molti Sardi con origini ponzesi vengono a Ponza, illustrando un po’ di storia antica e antichissima, uno di loro mi risponde “èa da noi significa acqua” ed ho capito in che direzione cercare.

Olbia e Ponza prima ancora di essere colonie greche erano in rapporti, se non addirittura abitate dagli stessi popoli, se è vero, come sosterrò di seguito, che il nome di quest’isola riportato da Omero nell’Odissea era un toponimo protosardo. A rafforzare l’ipotesi c’è lo studio Max Leopold Wagner (Monaco di Baviera, 17 settembre 1880 – Washington, 9 luglio 1962) che riporta il termine gallurese “èa” e lo traduce con “acqua” (ritenuto di origine incerta ma antico, probabilmente, un relitto paleosardo) (2).

Si trovano altre ricorrenze delle vocali “e” ed “a” ad esempio il sassarese “èba” sempre tradotto con acqua, probabilmente una fusione con il più frequente “abba” (ma di origine Romana); anche nel diffuso termine “ena” incorporato in molti toponimi che si può tradurre con zona acquitrinosa (3). Il significato mitico del nome, quindi, è ragionevolmente legato al sorgere del sole (dal mare o dall’acqua), e questo verrebbe confermato da nome latino dell’isola che è Pontia, qualcosa che sorge dall’acqua (4).

Questo è sufficiente per sospettare uno stretto nesso tra il nome Eèa e l’acqua, ma una ulteriore conferma va cercata nel prefisso ‘e’. Come ulteriore conferma occorrerà verificare se nel sardo antico, pre-romano, possa aver avuto il significato che ha in latino con il prefisso “ex”, e poi in italiano, sempre come prefisso, cioè ‘venire fuori da’ . Questo sarebbe una definitiva conferma che è la traduzione letterale.

Il mito vuole Afrodite o Venere nascere dalla schiuma del mare e l’appellativo PONTIA fa riferimento proprio a questa origine; dal greco pontos (Ποντια) traducibile semplicemente con “mare”, diventa in latino, ma già prima con i Volsci (5), pontia, traducibile con “proveniente dal mare”, oppure “che sorge dal mare”. In ogni caso credo che si possa dire che l’etimologia dell’attuale nome Ponza sia “che sorge dal mare” o “che nasce dal mare”. L’atteggiamento che avevano Greci e Romani riguardo i toponimi preesistenti è che i primi tendevano a conservare il significato mentre i secondi a conservarne il suono, e ciò è abbastanza consolidato tra gli studiosi (6). Il nome subisce una trasformazione che gli da un suono più conforme alle sonorità della nuova lingua, oppure subisce una trasformazione nella grafia che ne conserva il suono.

Quindi è più che plausibile pensare che il nome dell’isola sia cambiato secondo questi tre processi:

1) conservazione del significato, traduzione del significato in greco, come facevano abitualmente.

2) conservazione del suono, adattando la sonorità al Latino, come i romani facevano abitualmente. (5 – 6)

3) conservazione del suono, cambio di consonanti Ti con Z per conservare sostanzialmente il suono in italiano.

Il terzo passaggio è ovvio, il secondo è noto, il primo è quanto si voleva dimostrare. Riporto anche le vecchie nuove valutazioni che partono dalla descrizione omerica dell’isola di Circe per confrontarla con le caratteristiche fisiche di Ponza. Nel racconto, Ulisse vede da un poggio l’isola bassa, con ampie strade, circondata da altre isole, oppure, in altre traduzioni, circondata da ampio mare.

1.         Dal poggio, che nella traduzione del Pindemonte è definito “alpestre”, probabilmente quello più alto, si vede un’isola bassa; e questo è rigorosamente riscontrabile.

2.         Se l’isola è circondata da un arcipelago la possiamo confrontare con quello Pontino.

3.         Se l’isola è circondata da ampio mare non è certamente vicino alla costa ed è pienamente identificabile

con Ponza.

4.         La recente notizia, che al momento non posso documentare, che lo scavo della galleria che porta alla baia di Chiaia di Luna sia fenicio aggiunge una ulteriore corrispondenza al racconto di Omero. Nel contesto della piccola isola, tale galleria, abitualmente ritenuta romana ma forse solo ristrutturata in tale epoca, sarebbe un’opera interessante. Spostando indietro la sua realizzazione di almeno 800 anni, cioè prima della colonizzazione greca, diventa un’opera molto rilevante ed è ragionevolmente traccia delle ampie strade viste sull’isola di Circe.

Collocare l’origine dei racconti Omerici al periodo precoloniale è la chiave per spiegare le descrizioni mitizzate di luoghi che poi saranno colonie documentate da toponimi e reperti.

 

Gigi Tagliamonte

 

BIBLIOGRAFA E NOTE

(1)         Massimo Pittau – L’ODISSEA, LA SARDEGNA NURAGICA ED OLBIA  –  Una seconda considerazione, questa di carattere cronologico e storico. Alcuni studiosi moderni avevano sostenuto che il racconto dei viaggi attribuiti dall’Odissea ad Ulisse non erano altro che i riflessi letterari e i ricordi poetici della colonizzazione che le varie stirpi greche avevano fatto sia in Sicilia sia nell’Italia meridionale o Magna Grecia ad iniziare dalla metà dell’VIII secolo avanti Cristo. Senonché l’autorevole storico Jean Bérard, nella sua importante opera ‘La colonisation grecque de l’Italie méridionale et de la Sicilie dans l’antiquité. L’histoire et la légende’ ha ampiamente e convincentemente dimostrato che i viaggi di Ulisse in effetti sono di molto anteriori a quella colonizzazione, per cui, più che essere il resoconto di quella colonizzazione, al contrario sono stati quasi la “guida” per i coloni greci che si mettevano in viaggio alla volta dell’Italia meridionale e della Sicilia. Secondo il Bérard i mitici viaggi raccontati dall’Odissea sono l’effetto ed il ricordo di viaggi effettuati dai Greci nei secoli precedenti nel Mediterraneo centrale e soprattutto nel Tirreno, secondo le modalità di una precolonizazione greca in quell’area geografica. I viaggi di quella «precolonizzazione greca» sono da attribuirsi in maniera preminente ai Micenei, e quindi risalgono anche ai secoli XIII e XII avanti Cristo. In linea di fatto le scoperte dell’archeologia successive alla citata opera del Bérard hanno dato piena ragione ed ampia conferma all’illustre studioso francese: reperti micenei sono stati trovati e si vanno tuttora trovando in quasi tutte le terre bagnate del Mediterraneo centrale, la Sardegna compresa.

(2)         Max Leopold Wagner – LA LINGUA SARDA – STORIA, SPIRITO E FORMA – a cura di Giulio Paulis – pag. 344

(3)         Massimo Pittau – I TOPONIMI DELL’ALTIPIANO DI ABBASANTA

(4)         Dizionario etimologico di tutti i vocaboli usati nelle scienze, arti e mestieri che traggono origine dal greco – Di Aquilino Bonavilla – abate D. Marco Aurelio Marchi – Milano 1821  –  PONZIA, Pontia, Pontia. (Lett.) da Ποντια, pontos, mare. Fu con questo titolo dai Lacedemoni onorata Venere con un tempio, alludendo alla favola di Urano ed alla di lei nascita dalla spuma del mare. Paus. In Corint. Lib. II dice che la statua della dea era notabile sì per la grandezza che pel lavoro.

(5)         “Volsci Pontiam insulam sitam in conspectu litoris sui incoluerant” – Liv. IX, 28. Strab. V, p. 160

(6)         Max Leopold Wagner e l’aristotelismo – Andare per etimologie nella Sardegna arcaica significa andare al di là dell’incerta e inaffidabile scorza di testimonianze greche e romane. Non pochi linguisti hanno evidenziato la vocazione dei Greci alla paretimologia (o pseudoetimologia: una etimologia errata o falsa – N.d.R.), e da questi, che sono spesso gli unici informatori sulla storia più antica e sulle prime colonizzazioni, abbiamo per la Sardegna una quantità di toponimi di forma e significato greco, come per ‘Cagliari’. Ma ‘Cagliari’, a ben vedere, non è una paretimologia; è la traduzione esatta dell’accadico Karallu ‘beatitudine, gioiello’, di cui essi conoscevano il significato. …I Romani per i toponimi della Sardegna avevano rispetto. Ad es. su Karallu non produssero paretimologia e nemmeno traduzione. Operarono l’ipercorrezione della doppia liquida, poiché consideravano le doppie per quelle che talora erano (specie al sud dell’isola), ossia un appesantimento fonetico locale di antiche semplici. Onde Karallu diventa prima Karális, con la liquida semplice e col suffisso latino -is; poi subentra la legge fonetica latina, e l’accento è retrocesso (Kàralis).