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Papà Vincenzino

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di Pasquale Scarpati

Mi piace vedere u’ vapore che annuncia il suo ingresso nella rada vuota e silenziosa, fischiando festosamente e i suoi ‘baffi’ che scemano man mano, fino a ridursi quasi a zero e quando si dimena tra i flutti come un puledro selvaggio ed indomito: si alza e si abbassa, caracolla, lotta contro i marosi e nel buio, in lontananza, si vedono le luci ondeggiare, sparire e subito riapparire.Ma quando ’a levantata furiosa, si arrampica  sulla ‘Ravia, quasi a voler  ghermire la vecchia casa diroccata, che lassù sfida gli elementi e  dietro la scogliera del ‘lanternino’ alza spruzzi che arrivano fino al cielo, vanamente, allungo l’occhio verso l’orizzonte: nulla, solo marosi spumeggianti che rotolano, si avvicinano minacciosi e avanzano verso il porto, per  perdere, poi, la loro forza e andare a morire, tranquilli, sulla spiaggia ’i Sant’Antuòn’.

Ma, ecco, si vede spuntare fore Zannone un puntino. Diviene più grande: un ‘due alberi’ di legno. Chi osa, impavidamente o incoscientemente, affrontare le ire di Nettuno?: U’ bastemient’ ’i Sigarett’. Il ‘Papà Vincenzino’, vittorioso, entra trionfante nel porto; attracca, padrone della banchina, mettendosi ’i chiatt’ come un animale che si sdraia per allattare i cuccioli. Porta, infatti, l’approvvigionamento e si collega alla banchina tramite un unico, ruvido, tavolone di legno senza corrimano. E’ la sua passerella che sfida l’equilibrio delle persone e sembra dire: chi vuole salire deve dare prova di coraggio specialmente quando mi ‘dondolo’ per la risacca. Impiega 5 ore circa per fare la traversata da Formia. Le sue ancore  mi sembrano enormi e sono issate da un argano a mano a due leve: una destra ed una sinistra. Due uomini pigiano, alternativamente, su di esse e si sente, nel silenzio della rada, un rumore simile allo scatto del bilancino di un grosso orologio. Al suo arrivo il porto sonnacchioso si anima: voci, urla, imprecazioni condite anche da bestemmie. I fratelli Matunàr’ e Rafele o’ Scarrafone portano, appoggiati su una spalla,  sacchi di iuta da un quintale come senza peso. Rumori: botti di legno e fusti enormi, di ferro, da 200 litri che contengono olio commestibile o altri liquidi, rotolano, spinti con le mani o con i piedi, quasi con allegria, sul basolato della banchina tra la polvere che si solleva nell’aria e ‘l’odore’ di pesce che esce dal negozio di Maria ‘i Sciammereca, donna piuttosto corpulenta, che sta lì, seduta, quasi ad osservare, scrutando, con occhi penetranti, tutti quelli che passano. Bisogna, però, stare attenti a non farli cadere a mare e a non farli ‘trasire’ in qualche casa prospiciente che ha, unico ‘baluardo’, una porticina che si chiude a metà, lasciando aperta la parte superiore dove viene posto nu’ pannett’, per evitare che  il passante allunghi l’occhio. Ogni tanto, quindi, bisogna fermarsi e dare una spinta verso destra o verso sinistra. Si vedono asini con o senza la soma, soprattutto di quelli ’i ’ncopp i Cuònt’ o ’ncopp i Scuòtt’, qualche carretto spinto o trainato a mano, qualche ‘ape’ o ‘moto Guzzi’ ed il camion di Francisc u’ lupo che avanza lentamente, quasi a scatti. Vibra tutto e odora di nafta e, polveroso, lancia nell’aria un fumo nero, denso, ogni qualvolta accelera o si mette in moto. A me piace molto salire nella cabina perché mi sembra di salire in cielo, toccare il caldo coperchio del vano motore e vedere tutta la ‘ricca’ strumentazione. Francìsc’ mi accoglie sempre volentieri, ma chiede sempre il permesso a mio padre.  Sigarett’ trasporta un po’ di tutto. L’occorrente per l’edilizia: ferri, calce, cemento, sabbia, ’a puzzulana, pali di legno ed altro, viaggia insieme a sacchi di  farina, tipo “0”, più raramente la “00” e soprattutto la numero “1” (quella che serve per fare u’ ppane nir’), a sacchi di ‘granone’ da un quintale o di vrenna da 50 Kg., a sacchette di patate da 25/30Kg., alle casse formate da tavolette ruvide di legno, molto pesanti, in cui viene trasportata anche  la pasta  in pacchi “ sfusi” da 5/10 Kg.  Inoltre non mancano: sacchi di caffè ‘crudo’ (non tostato), casse d’acqua, e tutto ciò che serve per il trasporto locale: animali (asini) ed i primi veicoli a motore, soprattutto ‘tricicli’. Un giorno arriva anche un autobus che occupa quasi tutta la carreggiata della strada. Il tutto viene sollevato dai  parancoli. Più che una fatica mi sembra una festa a cui partecipano tutti: uomini,  animali e… il basolato della banchina. Il suo colore scuro e monotono, infatti, viene ravvivato, come in un dipinto, da mille colori che vanno dal bianco della farina o della “causc”, al marrone della vrenna che scende dai sacchi come fine pioggia, al grigio del cemento fino al nero denso delle chiazze di nafta e…. Non manca mai, qua e là, qualche mucchietto di ‘granone’ o qualche rivolo d’acqua e nelle vicinanze pezzi di vetro sparpagliati. Anche gli animali partecipano alla festa, specialmente quelli in arrivo. A volte, infatti,  mi fa un certo effetto vedere buoi, come meravigliati, ‘imbracati’, sospesi per aria  o che nuotano in mezzo al porto. Qualche volta uno di questi animali, come consapevole, cerca vanamente di sottrarsi al proprio destino  correndo all’impazzata per le vie. Diventa furest’. Allora un fuggi fuggi generale: chi strilla e si rifugia in un angolo, chi corre al suo fianco e chi gli tira la coda. Qualcuno, dopo, va al macello, che si trova nei pressi della chiesa, per farsi dare un po’ di sangue per cucinarlo: diviene denso, simile al fegato. Un giorno, Sigarett’ va a prendere le gigantesche ossa di un pesce dalla pancia enorme, brutto, orripilante e puzzolente che noi, curiosi, siamo andati a vedere sulla spiaggia di Frontone e le butta fuori Zannone…..

 

Pasquale Scarpati