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All’Italia

[1]All’Italia

“O patria mia (…)

piangi, che ben hai donde, Italia mia

(…) Se fosser gli occhi tuoi due fonti vive,

mai non potrebbe il pianto

adeguarsi al tuo danno ed allo scorno;

che fosti donna, or sei povera ancella.

(…) dov’è la forza antica,

dove l’armi e il valore e la costanza?

chi ti discinse il brando?

Chi ti tradì?

(…) Come cadesti o quando

da tanta altezza in così basso loco?

Nessun pugna per te? Non ti difende

nessun de’ tuoi? L’armi, qua l’armi: io solo

combatterò, procomberò sol io.”

Così nel 1818 Giacomo Leopardi lamentava lo stato miserevole in cui era caduta l’Italia. Siamo all’indomani del Congresso di Vienna, che riportò sul trono i vecchi sovrani e frustrò le aspirazioni liberali e democratiche dei popoli europei.  L’Italia era una nazione dispersa e confusa, divisa in nove entità politiche, tra regni e ducati, senza alcuno, tra i suoi figli, che sapesse difenderla e riscattarla. Ma il poetico lamento di Leopardi non cadrà nel nulla. Ai suoi versi sfiduciati, risponderà negli anni successivi, con versi esortativi e gagliardi,  un altro giovane poeta, Goffredo Mameli:

“Fratelli d’Italia,
l’’Italia s’è desta;
dell’elmo di Scipio
s’è cinta la testa

Dov’è la Vittoria?
Le porga la chioma;
ché schiava di Roma
Iddio la creò.

Stringiamci a coorte!
Siam pronti alla morte;
Italia chiamò.”

Quell’elmo che indossarono i fratelli Bandiera, Pisacane, Mazzini, Vittorio Emanuele II, Cavour, Garibaldi e le migliaia di patrioti che donarono la loro giovane vita per fare degl’italiani una sola nazione e un solo popolo. Fu così che nacque la Nostra Italia, e  finalmente, il 17 Marzo 1861:

“Il Senato e la Camera hanno approvato; noi abbiamo sanzionato e promulghiamo quanto segue: Articolo unico: Il Re Vittorio Emanuele II assume per sé e i suoi Successori il titolo di Re d’Italia. Ordiniamo che la presente, munita del Sigillo dello Stato, sia inserita nella raccolta degli atti del Governo, mandando a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato. Da Torino, addì 17 marzo 1861”.

Ponza fu presente agli avvenimenti più importanti che portarono all’Unità d’Italia, con il sacrificio di Luigi Verneau del 1799, impiccato in Piazza per aver aderito alla repubblica Partenopea; ospitando nel 1848 i 38 patrioti relegati e morti nella nostra isola, ricordati nell’epigrafe posta  nel portico del Palazzo Comunale; all’impresa di Pisacane, che preparò la più fortunata impresa dei Mille, e poi a seguire il completamento dell’Unità con il riscatto delle terre irredente di Trento e Trieste nella Prima Guerra Mondiale, dove i giovani soldati ponzesi si distinsero, in trincea e sui mari. Ricordiamo:

il Tenente Di Fazio Vincenzo, appartenente al XXIX° Reggimento Fanteria, decorato con le Medaglie di Bronzo e d’Argento, dopo essere eroicamente caduto sul Montello nel giugno del 1918;

Giuseppe Corti, marinaio eccellentissimo, prescelto dal tenente di vascello Luigi Rizzo tra i Trenta della squadra di Gabriele D’Annunzio che coi MAS attuò l’eroica “Beffa di Buccari”, riuscendo a penetrare per oltre 80 chilometri tra le difese costiere nemiche, raggiungendo la baia di Buccari, dove lanciarono sei siluri contro alcune navi avversarie. Il Poeta lo ringraziò e l’omaggiò nella “Canzone del Carnaro” con i seguenti versi: “Un altro è dell’isola esule di Ponza. E credo ch’egli fosse al remo nel legno di Ulisse quando il re isolano “piloto di tutte le sirti” entrò nell’ombra magica del Circeo”;

il sotto nocchiere Francesco Mazzella di S. Maria, compensato con un premio di Lire 11,491,30 per aver preso parte il 9 dicembre del 1917 all’affondamento della gloriosa corazzata Austro-Ungarica “Wien”.

Infine, i nostri caduti civili  del 21 marzo 1918, quando al largo di Zannone un sommergibile austriaco, affondò il “Corriere di Ponza”, il bastimento che garantiva i contatti col continente in quegli anni difficili. Morirono trentacinque persone; pochi i superstiti. L’isola pianse amaramente i suoi morti.

Quindi, anche Ponza con i suoi caduti e i suoi eroi ha contribuito a completare l’Unità d’Italia. E ne dobbiamo essere orgogliosi.

E’ quindi giusto e doveroso che Ponza partecipi con adeguate manifestazioni culturali ai festeggiamenti del 150° dell’Unità d’Italia, come si sta accingendo a fare la solerte Maria Pagano, Delegata alla Cultura del Comune di Ponza.

Dispiacciono le polemiche politiche di questi giorni, che anziché unire sempre più l’Italia, tendono a dividerla.

Anche Ponza farebbe bene ad unire le sue forze, piuttosto che disperderle inutilmente.

Sia questo 17 Marzo 2011 un momento di riflessione e di ripartenza culturale, politica e morale per tutti noi, ponzesi e italiani.

Viva l’Italia, viva gl’Italiani uniti, viva i Ponzesi uniti e affratellati.

Gino Usai