Mare

Napoli-Ponza – Viaggio nel mare tempestoso

di Raffaele Sandolo

 

Verso il 1952 andai a Ponza con i miei genitori Silverio e Annunziata Sandolo e mio fratello Mario. Si era nel mese di dicembre, sotto Natale. Avevo circa 15-16 anni ed ero felice di passare le sante feste con i nonni a Cala Feola. Mio padre andava a Ponza a prendere accordi con alcuni marinai ponzesi per formare l’equipaggio stagionale del suo peschereccio Rosita. Ricordo che partimmo da Marina di Campo la mattina e arrivammo a Napoli la sera tardi. Si andò subito a dormire in albergo senza mangiare. La mattina presto, dopo una veloce colazione facemmo la spesa di giornata prendendo pane, formaggio, mortadella e delle bottiglie d’acqua. Visto che il tempo minacciava a brutto si presero anche dei limoni come antidoto contro il mal di mare. Quindi andammo al molo principale di Mergellina da dove avrebbe dovuto partire l’unica nave di linea SPAN per Ponza. Il comandante, dopo aver caricato viveri, medicinali e combustibile, fece salire i passeggeri.

Tutto era pronto per la partenza. Previste 6 ore di viaggio.

Nell’attesa i passeggeri cominciarono a fare le reciproche conoscenze mentre il cielo si abbuiava sempre più con nubi grigio-nere che preannunciavano pioggia. Mio padre riconobbe alcuni marinai ponzesi e si fece presentare il comandante. Dopo qualche ora di attesa si partì con una cinquantina di persone. Stava aumentando il vento e il lungo viaggio preoccupava tutti dovendo la nave passare per le isole di Procida, Ischia, Santo Stefano e Ventotene.

Le prime miglia di navigazione con il mare agitato rafforzò le preoccupazioni in ognuno di noi. Mia madre era tesa in religioso silenzio. Io e mio fratello rimanevamo seduti accanto a lei.

Passata Ischia ci dirigemmo verso Ponza. Cominciò a lampeggiare e tuonare in lontananza mentre alcuni gabbiani svolazzavano sulla scia della nave cercando inutilmente qualcosa da mangiare. Mio padre, che conosceva bene il mare, capì che il peggio stava arrivando. Sin dall’età di otto anni era andato a pescare con suo padre Emiliano che abitava a Cala Feola dove ora è chiamato Sottocampo pescando fra le isole ponziane. Disse al comandante della sua esperienza marinara essendo a quel tempo capobarca del  peschereccio Rosita (chiamato Zambombo) iscritto alla Capitaneria di Porto di Portoferraio. Era quindi esperto di pesca ma anche di navigazione sui mari tempestosi a sud dell’isola d’Elba, della Corsica e della Sardegna.

Come il tempo peggiorò mio padre ci disse di non mangiare niente perché ci sarebbe stato rischio di mal di stomaco e quindi possibilità di vomito. Poi chiese al comandante della nave di stare in plancia con lui e di poter collaborare in caso di necessità. Fu accontentato.

Passando per Santo Stefano e Ventotene il vento si rafforzò e le onde cominciarono a spumeggiare. Non attraccammo al molo ma ci fermammo vicino alla costa e alcune barche si accostarono per prendere i passeggeri che dovevano scendere. Ricordo ancora la caratteristica prigione di Santo Stefano avvolta da una foschia e poi il porticciolo di Ventotene con i suoi scogli esterni su cui infrangevano le onde tempestose.

La situazione si fece pericolosa quando lasciammo Ventotene. Il mare in burrasca con onde molto alte e spumeggianti cominciava a far paura, mentre cadeva la pioggia. I passeggeri furono invitati a stare dentro al salone. Nessuno si sentiva di mangiare anche se molti tenevano un limone in bocca per evitare il vomito. I marinai, compreso mio padre, aiutavano i passeggeri ormai distesi sui divani. Qualcuno vomitava nei secchi e poi si puliva con l’asciugamano. Il mare diventava più agitato con onde sempre più grandi che facevano sballottare la nave come un guscio di noce. Uno sbandamento repentino allarmò tutti i passeggeri  e soprattutto spaventò donne e bambini. La situazione si fece caotica. Cadevano i pacchetti e rotolavano i secchi. Tutto era bagnato dal vomito con un cattivo odore diffuso. Restavano in piedi solo il comandante e alcuni marinai della nave ma anche mio padre, che si dava da fare per alleviare le sofferenze e rincuorare le persone che erano abbattute e sfiduciate. Si cominciò a pensare che si fosse in pericolo, e nel dramma del momento, iniziammo a pregare raccomandandoci a San Silverio. Per alcuni minuti ci fu il panico ma poi alcuni marinai ponzesi e mio padre si impegnarono ad infondere fiducia nei passeggeri dicendo spesso:”Ponza è vicina” e poi “Calmi… siamo quasi arrivati”. Purtroppo Ponza era ancora lontana! Man mano che ci avvicinavamo a Ponza il vento diventava più forte e teso, con le onde che si alzavano minacciose lanciando spruzzi d’acqua sulla coperta della nave. Intanto si intravedeva, alla luce dei lampi, l’isolotto di Zannone. Fra i passeggeri silenziosi si sentiva ogni tanto qualche lamento con imprecazioni  ad alta voce. La navigazione proseguiva nel buio e la tensione era forte.

Appena le luci di Ponza apparvero dalla foschia i visi si fecero meno tesi e i passeggeri cominciarono a muoversi. Passata Punta Rossa dell’isola di Gavi il vento diminuì d’intensità e il mare divenne più calmo. Si cominciò a vedere chiaramente il porto di Ponza con le abitazioni circostanti in buona parte illuminate nell’attesa della nave. I passeggeri iniziarono a ringraziare San Silverio per miracolo avvenuto. Poi ognuno cercò di ripulirsi la faccia e i vestiti di rimettere a posto  valigie e pacchi. Si attraccò  dopo quasi 9 ore di navigazione.

Il comandante, mentre i passeggeri scendevano, ringraziò mio padre per l’aiuto fornito e volle conoscere tutta la famiglia. Sul molo Musco, in buona parte abbuiato, c’erano alcuni marinai della Capitaneria di Porto che erano intervenuti ad aiutare nell’ormeggio.

Messo piede a terra già pregustavo il sapore delle zeppole della mia bisnonna Concetta Sandolo detta Nananna ‘a voccaranna che abitava, con il marito Ciro detto Crist’i crolia, a Cala Feola proprio sopra le Piscine Naturali. Mio zio Giuseppe Sandolo con la moglie Filomena (Mamena) e Ava Bordero, amica di mia madre, con sua figlia Giovannina, proprietaria di un negozio di abbigliamento lungo corso Carlo Pisacane, ci aspettavano sotto la sede comunale. Abbracci e lacrime all’incontro.

Non ho mai più dimenticato quel viaggio, e ancora oggi mi emoziono ritornando a quei momenti passati..!

 

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