Archeologia

Marmulìn’… Marmulètt’…

di Franco Zecca

.

Avevo 8 o 10 anni. A quel tempo con i miei genitori vivevo a Ponza, in quel di Giancos, nella casa attaccata allo scoglio di Frisio – oggi Villa Cristina – e d’estate qualche volta venivo prelevato da zio Elio perché potessi passare una giornata con i cugini. Quindi in mattinata insieme a Pino e Angelo e la piccola Irma (!) andavamo sulla spiaggia di Santa Maria, tutti in fila per il sentiero accanto al tunnel. Spesso c’era anche zia Emma: “…Attient’ a nun cade’…”, premurosa e attenta con la bambina in braccio.

Non appena sulla spiaggia, in mutandine e canottiera, ci lasciava giocare sul bagnasciuga, e qui……

Ho aperto anni fa un cassetto della memoria ed è venuto fuori qualcosa, credo di unico… Anzi prego chi mi legge, se ricorda, di darmene conferma.

Giocavamo, noi tre cugini più grandicelli, a raccogliere  i’ marmulìn’ o i’ marmulètt’.

Erano delle piccole pietre di 3 o 4 millimetri, perfettamente cubiche, di  tre  colori: bianco-avorio, celestino, e rosa pallido, probabilmente di materia marmorea.

Noi le raccoglievamo in mezzo al brecciolino della spiaggia miste a piccole conchiglie vuote, e vetrini levigati di tutti i colori. Chi ne raccoglieva di più poteva dichiararsi vincitore.

Le più belle  le ho conservate per diverso tempo, tra le cose che riguardandole ti danno di nuovo emozioni.

Ed infatti dopo tanti anni, dopo aver letto alcuni libri di storia di Ponza e qualche studio di antiche tecniche artistiche penso di aver capito cosa potevano essere quelle pietruzze che trovavamo sulla spiaggia…

Erano  tessere di mosaico.

Ho appreso che in epoca romana la zona che ora denominiamo Santamaria era sede di un importante insediamento; in particolare, ’ncopp’u turòn’ – la grande roccia che chiude la spiaggia a destra, guardando il Porto – l’Imperatore Augusto possedeva una villa; c’era anche un piccolo tempio ed una lunga via detta ‘dei mille passi’, tutta tappezzata di mosaici. Rimando per approfondimento alla lettura di un piccolo libro scritto a suo tempo da Mons. Dies: “Ponza- Perla di Roma”.

Ebbene ritengo che i pezzetti di quei mosaici, distrutti oppure seppelliti, con il tempo venissero dilavati dalla pioggia e che poi u’ lav’, li portasse ruciuliànn’ ruciuliànn’, in basso, fino alla riva del mare, dove noi li andavamo a cercare. Sicuramente contribuirono anche i contadini ponzesi che per attuare i terrazzamenti che ancora ci sono, distrussero con le vanghe quello che oggi avrebbero potuto essere opere d’arte in un museo ‘a cielo aperto’.

Occasione persa, ma un museo delle piccole cose ritrovate, usate e riutilizzate dai ponzesi potrebbe essere un’idea.

Vorrei fare ora un elogio al sito web con una frase di Nino Frassica: ‘Complimenti per la trasmissione!’.

Infatti che cosa vuole essere questa iniziativa se non una trasmissione di pensieri, ricordi e testimonianze?

Il sito si chiama “ponzaracconta” e pertanto ritengo giusto che ogni argomento postato, proveniente da ogni parte d’Italia e, perché no, del mondo, debba servire anche a far risaltare quella ‘ponzesità’ messa da parte, sopita in noi che la portiamo nel cuore e, senza retorica, cerchiamo di svegliare,

Grazie per l’attenzione, e alla Redazione: ad maiora.

Francesco Zecca (Franco)

To Top