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La spiaggia di Chiaia di Luna. Ricordi del mio passato a Ponza

di Raffaele Sandolo

Anche se sono molti anni che non visito la spiaggia di Chiaia di Luna devo dire che sono ancora nella mia memoria le mattinate passate al mare. Ricordo che allora aveva un arenile con la  superficie a granuli sabbiosi ma anche, in altre zone ai due lati, ricoperta di ghiaia di piccola misura.

Negli anni 1951-56 ero spesso a Ponza. I miei genitori abitavano all’isola d’Elba dove erano emigrati nel 1937 assieme a me, piccolo di alcuni mesi.  In estate lasciavo i miei genitori e passavo ogni anno da tre a quattro settimane di vacanza nella mia isola natìa. I primi anni li passavo a Le Forna, Sottocampo (abbasci’u’campo), abitando dai miei nonni Emiliano e Maria Sandolo. Successivamente decisi di accettare l’ospitalità di mia zia Filomena Sandolo chiamata Mamena, sorella del parroco di Le Forna Don Gennaro, che aveva la casa nella zona di Chiaia di Luna.

Mi incamminavo presto al mattino assieme a mio cugino Vincenzo, laureatosi in legge negli anni successivi e impiegatosi poi a Milano al Banco di Sicilia. Percorrevamo la vita sotto il tunnel romano, ancora in buone condizioni, e si arrivava alla spiaggia, la più suggestiva dell’isola. Si metteva un asciugamano sulla sabbia e ci si sedeva sopra, al sole, proprio sotto la grande falesia naturale a forma di mezza luna.  Lo scenario era grandioso: il mare splendido, la splendida falesia scoscesa e  poca gente vicino a noi: rari erano i turisti stranieri e i presenti erano ponzesi oppure romani o della costa napoletana. La maggior parte dei giovani era sdraiata e spesso dormiva dopo aver passato la nottata al Mariroc, ballando e ascoltando musica alla moda con canzoni di Peppino di Capri. Si faceva qualche chiaccherata fra noi e mio cugino finiva sempre con il descrivere le bellezze e i tesori di Ponza.

Generalmente si faceva il bagno nuotando verso le barche a vela vicine. Passavamo anche mattinate diverse affascinati dalle bellezze naturali delle coste. Verso metà mattinata, ci si alzava dalla spiaggia e si tirava fuori dalla grotta alla base della roccia, utilizzata come magazzino con attrezzature varie, la barca (u’ uzzariello) di proprietà di famiglia. Messa la barca in mare, si saliva e io mi mettevo ai remi. Qualche volta si andava verso sinistra, costeggiando fino al Faro della Guardia altre volte si andava verso destra fino verso i Faraglioni di Lucia Rosa, fermandoci alcuni minuti alle incantevoli Grotte della Maga Circe e alla suggestiva Punta di Capo Bianco.

Quando si faceva vicina l’ora di pranzo, dopo aver rimesso la barca nella grotta, ci si incamminava verso casa. Zia Mamena vedendoci arrivare, metteva il pranzo a tavola: generalmente una spaghettata accompagnata da zeri (rutunne) fritti o arrosto e insalata di pomodori. Si beveva poco vino. A tavola con noi, talvolta, c’era anche don Gennaro che raccontava fatti e problemi di Ponza.

Da allora sono passati molti anni alcuni dei quali passati all’estero lavorando come dirigente per una multinazionale americana.

L’anno passato, durante la festa di san Silverio, ho rivisto mio cugino Vincenzo. L’ho cercato chiedendo dell’avvocato Vincenzo Sandolo, nipote di Don Gennaro. A maggior chiarimento ho precisato che aveva anche due fratelli, Silverio e Emilio. Mi hanno detto che Vincenzo era in vacanza e abitava al porto. Sono andato subito a casa sua, un appartamento al terzo piano di Corso Carlo Pisacane. Ormai in pensione, e avanti negli anni, era ritornato a Ponza assieme a sua moglie per passare le vacanze estive.

Mi ha ricevuto con gioia ed ha voluto che rimanessi a pranzo con lui e la moglie. Abbiamo passato il pomeriggio parlando molto e ricordando gli anni giovanili a Ponza con le nostre mattinate nel mare di Chiaia di Luna.

Raffaele Sandolo