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Liberato e zia Antonietta

 di Irma Zecca 

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Ponza, lunedì 25 agosto 2003

Liberato era il ‘caronte’ per Frontone.

Accompagnava con la sua barca di legno “AFRODITE” i primi turisti anni ’60 fino a circa due anni fa.

E’ il tredici agosto 2003, sto oziando nel mio giardino che in realtà e’ una foresta piena di rovi ed erbacce alte da cui spuntano con grande caparbietà delle rose, un albero di albicocche, un ibisco rosso, astri e un cespuglio di margherite bianche ormai stremato dalla calura estiva.
Elio passa a cavalcioni del suo vespino e mi fa : …A zi’ …è muòrt’ Liberàt’!

Liberato..!? – Invio un SMS a don Erasmo per sapere l’ora dei funerali e lui mi risponde prontamente: – Questa sera, ore 20.
Liberato… Fa parte della mia infanzia… e poi un saluto è doveroso.

Nel febbraio del ’93 e precisamente il 21 moriva zia Antonietta e nel manifesto funebre avevo fatto un grande atto di superbia ! Zia aveva molti nipoti, cognate…anche una sorella… Ma sul manifesto avevo fatto scrivere: “…Ne annunciano la morte la nipote Irma e i parenti tutti”.
Sì, ho avuto un dolore immenso …e ancora oggi, dopo 10 anni, non c’è un solo giorno che non mi viene un pensiero per Lei.
Antonietta Musco ved. Dott. Mazzella…
Era di domenica, una domenica piovosa… pochi erano venuti a saperlo.

Liberato, il giorno 22, nel primo pomeriggio, oltrepassava la nostra chiesetta di S. Giuseppe con l’intento di arrivare fino ai cassonetti per disfarsi del suo sacchetto di immondizia e venne attratto dal manifesto funebre.
“Antonietta …ved. Dott… nipote Irma… “

– …Ma chesta e’ a signora d’u duttore..” – …subito nasconde il sacchetto dietro ad un muro e viene a casa di zia.

Arriva nel momento in cui dobbiamo mettere il corpo di zia nella bara (il corpo…dopo tutti questi anni provo ancora un dolore pungente) avevo già detto di  uscire a tutti quelli che non erano di casa perché non ci fossero mani profane a toccarLa. In quel momento si affaccia Lui, Liberato, che dalla porta socchiusa mi dice: – Irma …ie pozz trasi’..!?

Gli dissi di sì, ma con gli occhi, perché in quel momento non ero capace di emettere nessuna parola. Rispettoso, gentile, delicato, di poche parole e presente al momento giusto. Quali mani più appropriate potevano sistemare Zia per l’ultimo viaggio? Le mani del suo marinaio!

Sono quasi le 20, scendo dalla mia collina e mi affretto alla nostra chiesetta. Fuori c’e’ tanta gente, don Erasmo fà il cerimoniere sulle scalette di entrata ed anche dentro la chiesa é piena, parenti amici e tanti turisti, anche famosi: Massimo Ghenzer direttore della Ford, Gigi Proietti, Paola Gassman… Tutti vogliono salutarLo!
Sono tranquilla, trovo sempre posto al primo banco – c’e’ sempre timore del primo banco – quasi sempre vuoto.

La bara e’ lì al centro della navata ai piedi dell’altare, lucida, tutta intagliata con raffigurazioni dell’Ultima Cena. La Messa inizia con il canto di introduzione… e  in quel momento tutto diventa lontano ed ovattato. Davanti ai miei occhi scorrono delle scene… come un film.

Mi trovo giù alla marina di Santa Maria, ho circa sei anni e sono per mano a Zio dottore (così lo chiamavamo tutti i nipoti: era il marito di zia e faceva il medico condotto dell’isola).
…Che bello! Ci prepariamo per andare a Palmarola.

Nella barca troviamo Liberato, che ha già preparato tutto, la barca (che ha un nome particolare, SILAN – solo dopo anni ne ho capito il significato: Silverio Antonietta) lavata con l’acqua dolce, i cuscini tutti a loro posto incastrati sulla prua, il secchio per la pesca, le lenze tutte sistemate ed allineate nel vano di poppa….
Dutto’… tutt’ a post’? ..e zio: – Secondo te non manca niente?

Liberato, agilissimo, salta giù dalla barca entra nel magazzeno ed esce trionfante con un cuscino rettangolare ricoperto di tela rossa. E’ il cuscino del capitano, per lo zio… che sorride sotto il suo cappellone di paglia e gli dà una pacca affettuosa sulla spalla: – Libera’ …senz’i te d’u mare m’avess’ a’ scurda’ – (Zio aveva avuto un infarto e non doveva sforzarsi troppo).

Saliamo in barca e aspettiamo, e poco alla volta arrivano tutti: zio Pino, zia Angelina, il figlio Marco, la nonna Dorotea, mia madre, mio padre, i miei fratellini Angelo e Pino e ognuno di loro porta una borsa… il cocomero, le lasagne, l’acqua, maschere, pinne…

Manca solo Lei, la zia Antonietta.. Arriva per ultima… eccola, per la discesa della chiesa portando per una mano una borsona di paglia dove sono accuratamente riposti i cambi: si, la canottiera di lana ed i pantaloncini per zio dottore e mille altre coccole per tutta la famiglia, e nell’altra mano il suo ombrellino da sole, bianco con i fiori rosa e la testina di un cane intagliata nel legno per impugnatura. Avanza con passo deciso, in tutta la sua imponenza, paonazza per il caldo e sbuffante, consapevole del ritardo. Lo zio la guarda con amorevole rimprovero facendo segno sull’orologio.

Liberato protettivo: – Dutto’ …’Ndunetta e’ fatta accussi’ …pero’ é tanta brava!

Tutto sbiadisce e mi ritrovo in chiesa. L’omelia é quasi finita e io… vorrei scappare, scomparire… Le labbra mi tremano e non mi posso trattenere; grossi lacrimoni mi bagnano copiosamente il viso …Don Erasmo mi guarda interrogativo.. Avrà pensato che era un parente.

Dalla chiesa si snoda il funerale verso il cimitero. Ormai é sera. Avanziamo dietro il carro funebre illuminato da quattro candele. Accompagniamo Liberato all’ultima sua dimora dove troverà tante persone ad aspettarlo… Ora da accompagnatore diventa viaggiatore e in questa viaggio riconoscerà fra tutti anche il suo capitano insieme alla sua signora.